Piet Mondrian, era nato a Amersfoort, in provincia di Utrecht, il 7 marzo del 1872, ben centocinquant'anni fa, un'occasione "Speciale" per ricordare il grande artista attraverso alcune testimonianze storiche dell'archivio Rai.
“Credo sia possibile che attraverso linee orizzontali e verticali costruite con coscienza, portate all'armonia e al ritmo, queste forme basilari di bellezza possano divenire un'opera d'arte”
Con queste parole, il pittore ed anche teorico d'arte olandese Piet Mondrian (1872-1944), lanciava a Leida il suo manifesto dal titolo "Il Neoplasticismo in pittura" (1918).
Aveva le idee chiare prima di iniziare i suoi quadri astratti che caratterizzeranno l'estetica, anche industriale, per tutti gli anni Venti e Trenta del secolo scorso e che, ancora oggi, a volte ritorna con la sua forza autentica dello "stile Mondrian".
In altre parole, "un classico"! Ed è proprio questo aggettivo che qualifica la storia dell'arte occidentale, che emerge chiaro nella sua parabola artistica tesa a un'armonia universale e quasi ultima.
Mondrian, proveniva da una famiglia calvinista, aveva avuto una formazione lunga e meditata, su testi di filosofia e teosofia. La ricerca dell'equilibrio perfetto, ebbe conseguenze importanti nella sua vita, non si sposò mai e con le donne visse rapporti turbolenti.
Dalla pittura di paesaggio scarna e scura, maturata sulla grande tradizione paesaggistica olandese, Mondrian approdava ad esiti più moderni, di sintesi cromatica e formale ispirata in parte ai Simbolisti di fine Ottocento.
All'inizio del 1912, il pittore si stabilisce a Parigi in un monolocale di Rue du Départ 26. Fu un periodo felice, entrò a far parte dei migliori ambienti artistici e soprattutto, entrò nello studio di Picasso dove capì la sua strada verso l'Astrattismo.
Mondrian dormiva fino a tardi perché lavorava fino a notte fonda; di giorno frequentava riunioni, caffè, partecipava ad incontri con colleghi. A Parigi l'artista cambiò anche il suo nome da Mondriaan, a Mondrian per enfatizzare la profonda rottura con la chiusa palude artistica olandese che fino ad allora aveva ispirato la sua arte.
negli anni della grande Guerra, dal 1914 al '19 circa, Mondrian torna in Olanda e con l'amico Theo van Doesburg fondava la rivista “De Stijl”, "Lo Stile". Tra le pagine del periodico, dove scrivevano poeti, architetti, pittori e scultori, Mondrian maturava la consapevolezza di una radicale rottura con l'arte figurativa, a vantaggio del linguaggio astratto. Nel 1917, con Rietveld, Vantongerloo, van Doesburg e altri, dava vita al movimento del "Neoplasticismo", per un'arte astratta, essenziale e geometrica, basata sugli elementari della linea, del piano e dei colori primari. Nel 1918 circa, Mondrian pubblicava il manifesto dal titolo "Il Neoplasticismo in pittura"; ora era pronto al salto verso la grande astrazione.
Tornato a Parigi, dove rimane fino al 1938, il suo studio divenne un tempio dell'arte plastica. Una stanza sobria, piena di luce chiara, con alle pareti quadrati di cartoncino orizzontali e verticali, bianchi, neri, grigi, rossi, gialli, blu che, con l'evolversi del suo lavoro, diventavano più grandi e meno numerosi. Poi le linee sempre più sottili e anche doppie iniziano a prevalere sulle zone di colore.
Nonostante la vita frugale, perché a Parigi vendeva poco, Mondrian spendeva volentieri il suo denaro per comprare abiti alla moda nelle migliori sartorie; nel secondo dopo guerra, infatti, furono gli stilisti come Hermès e Yves Saint-Laurent, a confezionare abiti e accessori nello "stile Mondrian".
A Parigi, Mondrian amava ballare ai ritmi del jazz, frequentava sale da ballo costose, come il Club Jockey in rue Rabelais, dove conosceva l'americana Joséphine Baker.
Quando, nel 1940, fuggiva a New York, dopo due anni trascorsi a Londra, ritrovava i suoi amati jazzisti, Dizzie Gillespie e Charlie Parker, fino ad allora ascoltati su vinile; al famoso club Minton’s Playhouse, dove si esibivano, strinse amicizia con il pianista Thelonious Monk.
A New York inoltre, scopriva lo scatenato ballo del "Boogie Woogie" che finì per influenzare il suo ultimo stile, meno rigoroso e adeguato all’atmosfera frenetica della metropoli.
Il suo ultimo quadro, di formato romboidale, prende il titolo dal famoso ballo: si tratta di "Victory Boogie Woogie" (1944), rimasto incompiuto sul cavalletto, ad omaggiare il ritmo pulsante interpretato da piccole luci colorate che vibrano sulla tela, finalmente liberate dalla solida griglia nera.