Una mostra di Piet Mondrian a Parigi

L'Approdo, 1969

Tratto dalla rivista culturale L'Approdo (1969), una voce off del filmato introduce la mostra parigina di Piet Mondrian (1872-1944), prima retrospettiva francese sull'artista allestita, nel 1969, al Museo Orangerie des Tuileries
Erano passati molti anni dalla morte di Mondrian, prima che la Ville Lumiére dedicasse a questo artista importantissimo per il Ventesimo secolo, una mostra. Eppure, Mondrian aveva lavorato a Montparnasse dal 1912 al '14, e di nuovo dal 1919 al 1938, e a Parigi, aveva pure francesizzato il suo nome per rendere più facile la pronuncia dell'olandese, Mondriaan. 

Non furono in molti a capire in Francia che la pittura di Mondrian concludeva con logica, addirittura matematica, la rivoluzione artistica che era incominciata con l'Impressionismo e che aveva avuto con il Cubismo la sua seconda ondata di portata mondiale
Jean Lemaire, Curatore della mostra

Tra tutti gli artisti moderni dell'Avanguardia del primo Novecento, Mondrian fu quello più trascurato e quasi ignorato dai musei francesi, dedicati in gran parte ai padri Cubisti. Durante la sua vita a Parigi, l'artista vendeva pochissimo e solo negli anni Trenta con l'interessamento della Bauhaus, e poi dal 1940 circa, a New York, riuscì ad attrarre qualche appassionato stimatore.  

Con la morte, nel 1944, ad omaggiare il padre indiscusso dell’Astrattismo furono quei giovani artisti americani che, nel Secondo Dopoguerra, daranno vita alla "Scuola di New York", strappando per sempre a Parigi il primato di "capitale dell'arte" 

Celebrato nel 1942 a New York, con una personale allestita dall’amico e artista Harry Holtzman (1912-1987), pittore e scultore che lo aveva accolto e in parte finanziato nella nuova vita oltreoceano, un anno dopo la morte Mondrian entra al Museum of Modern Art con una grande retrospettiva (1945). Holtzman, che aveva ereditato tutta la sua opera, compreso il nuovo studio newyorkese del pittore, iniziava un lavoro capillare di diffusione della sua arte, conosciuta fin dagli anni trascorsi assieme a Parigi. 
Nel 1956, la Galleria d'Arte Moderna di Roma apriva una mostra su Mondrian e la direttrice Palma Bucarelli, iniziava l'iter burocratico per acquistare "Grande composizione A" (1920), la prima opera dell'artista presente nei musei italiani e soprattutto, una delle prime tele dalle quali scaturirà il linguaggio dei successivi vent'anni. 

Tutto quello che possiamo dire è che Mondrian è un artista che ha fatto una ricerca assoluta. Una ricerca sul piano metafisico, come si dice, ma allo stesso tempo, curiosamente, è stato uno degli artisti che più ha impregnato la vita moderna. Sia la tipografia, sia l'architettura o l'arredamento" 
Jean Lemaire, Curatore della mostra 

Dopo il primo soggiorno parigino, infatti, Mondrian tornava in Olanda (1914-1919), e stingeva contatti con l'architetto, pittore e teorico dell'arte, Theo van Doesburg (1883-1931). Nel 1917, fondavano assieme "De Stijl", "Lo Stile", corrente artistica e anche rivista che, per un po’ di anni, sarà l’organo ufficiale di artisti vari. 
Tra i più noti, l'architetto Gerrit Rietveld (1888–1964), che compirà un passo importante per lo sviluppo del moderno design, dell’architettura, della grafica e della pubblicità.
Il manifesto del gruppo, pubblicato su De Stijl, fu scritto da Mondrian, tra il 1917 e il '18, titolo, "Il Neoplasticismo in pittura", termine coniato da uno studioso, filosofo, matematico e teosofo, del suo tempo, Josephus Schoenmaekers (1875-1944).  
Solo dopo tanta teoria, negli anni Venti, Mondrian con De Stijl plasmava le sue leggi di "armonia universale " moderna e positiva, interpretata nella vasta produzione di manufatti che dovevano ricostruire un "mondo nuovo". Sullo stesso registro, operavano i Costruttivisti (1922) russi e tutti quegli artisti di calibro internazionale che fecero la Bauhaus tedesca (1919-1933), scuola di architettura e design (Il Bauhaus). 
Nel 1924, Mondrian usciva da De Stijl per una disputa irrisolta con van Doesburg che voleva introdurre, nei suoi dipinti, la linea diagonale, cosa inaccettabile i per principi "Neoplastici".

Natalie Wood indossa un "Mondrian dress", 1965

Dopo la pronta celebrazione di Mondrian a New York, nel 1945, la sua immagine, subito riconoscibile come un marchio, arriva in Europa e negli anni Sessanta delle contaminazioni e della "cultura giovanile", la forza "positiva" e vivace dell'artista olandese viene ripresa dallo stilista Yves Saint Laurent che, nella nuova Collezione Autunno Inverno, 1965/66, presenta il celebre "Mondrian Dress", un abito dalle linee rigorose e geometriche, oggi conservato al Victoria and Albert Museum di Londra.

Jacob van Ruisdael, Veduta di Haarlem con campi di candeggio, 1670-'75 ca., olio su tela, 55,5x62cm., Gabinetto reale di pittura Mauritshuis, L’Aia

Fin da giovane, Mondrian compie un processo di formazione artistica meditata sulla tradizione seicentesca della grande pittura olandese, detta "Secolo d'oro": da una parte le tele cristalline di paesaggi e marine di pittori eccellenti come Jacob van Ruisdael (1628-1682), dall'altra gli interni di vita quotidiana restituiti nella geometria perfetta di Jan Vermeer (1632-1675). 

Jan Vermeer, La Lattaia, 1658-'60 ca., olio su tela, 45,4x40,6cm., Rijksmuseum, Amsterdam

La mostra parigina dunque, partiva da quel presupposto di "classicità", rigore e processo artistico "mentale", che Mondrian con la sua pittura moderna aveva attraversato, riallacciandosi a momenti importanti della tradizione francese, da Ingres a Seurat, da Cézanne al Cubismo di Picasso.

La prima parte del filmato, dove la voce off racconta succintamente la parabola di Mondrian, dall'Olanda a Parigi, fino a New York, presenta le sale della mostra gremite di gente e in controluce, qualche dettaglio su visi pensosi dei visitatori, o sulle gambe accavallate sui divani, per finire su interviste a studenti di filosofia ed artisti 

Un lungo carrello a mano sul corridoio dell'esposizione, introduce le opere: dai paesaggi dipinti nei primi dieci anni del Novecento, alla lunga "serie di Alberi" che lo condurranno, attraverso il Cubismo, all'astrazione pura (Mondrian. Dalla figurazione all'astrazione). 


Piet Mondrian, Composizione con Blu, Giallo, Rosso, Nero e Grigio, 1921

Attraggono nelle sue tele i rapporti percettivi di misura e peso, creati con i colori primari: il giallo imprime un'espansione, il blu un restringimento, mentre il rosso dona stabilità allo spazio. 
I suoi bianchi, che negli anni Trenta diventano dominanti, non sono mai puri, bensì tendenti al grigio, all'azzurro o al giallo, toni di un'atmosfera sottesa che rimanda al tema del paesaggio, importantissimo fin dalla sua prima fase evolutiva giovanile, poi semplificato nell'elemento dell'"albero". 

Nella maturità, Mondrian inizia ad ispessire le sue linee nere presentandole anche in coppia; così, la sua asimmetria non diventava mai monotona, bastava spostare lievemente il rapporto tra due rette ed emergeva una nuova immagine

A una tecnica tanto semplice, corrispondeva un'ideazione lunga e il vaglio di molte possibilità. 
Mondrian lavorava a mano, non usava nessun strumento, a parte i pennelli e i colori, che venivano messi nella tela puri, come usciti dal tubetto.
Negli anni Trenta, l'artista iniziava a lavorare anche sulle cornici, scegliendo con cura il legno e il colore, per imporre infine, ai pochi compratori, la posizione del quadro sui muri di casa. Per una serie di tele dove aveva reintrodotto la vernice per animare il nero, Mondrian richiedeva espressamente l'esposizione in ambienti di luce.
Il mitico studio parigino di Mondrian, rispecchiava l'evolvere delle sue ricerche, progressi formali raggiunti nel suo spazio sacro dove, la rotazione della tela quadrata di novanta gradi, definiva il nuovo formato del rombo. 
L'atelier Mondrian era come un'esposizione perfetta e controllata, uno spazio apparentemente asettico e privo del "normale" disordine dello studio d'artista. Ogni tela esposta, determinava un piccolo cambiamento dello spazio circostante e il nuovo lavoro non iniziava mai fino a che tutto appariva in ordine perfetto.

Piet Mondrian, Victory Boogie-Woogie, 1944

Il 21 settembre del 1938, sentendosi minacciato dal Nazismo, Mondrian partiva per Calais e poi alla volta di Londra, per approdare definitivamente a New York nel 1940. Stabilito in un appartamento, nella Grande Mela, la fama precede l'artista olandese accolto anche dagli amici esuli, dei tempi parigini, come Duchamp e Chagall. 
La New York di artisti e collezionisti aspettava e salutava con entusiasmo le sue opere nel 1942, in occasione della personale organizzata da Holtzman. Incoraggiato dal successo e dalle vendite, Mondrian comprava due grandi tele sulle quali iniziava nuove composizioni. 

Mondrian usciva spesso la sera, frequentava mostre di giovani artisti, americani ed europei e andava a concerti jazz. L'atmosfera di New York e soprattutto i ritmi del ballo "Boogie Woogie", lasciarono un'impronta indelebile nella sua pittura

Il 1° febbraio del 1944, Mondrian moriva. Il suo ultimo quadro, "Victory Boogie-Woogie", restava incompiuto. Erano spariti i rigidi reticoli neri, i rettangoli colorati si infittivano come tessere di mosaico, accostati l'uno all'altro e non più bordati dalla linea nera. Era riuscito a riprodurre il ritmo frenetico del Boogie-Woogie, la vitalità di Broadway, lo sfrecciare dei taxi gialli. 
Solo più tardi "Victory Boogie Woogie" sarebbe diventata un'icona dei tempi moderni e dell'uomo che seppe imprimere una svolta rivoluzionaria al panorama artistico mondiale.