L'odissea dei prigionieri

Il drammatico rientro

Il programma Passato e Presente, in occasione del centenario della fine della Prima Guerra mondiale, dedica una serie di cinque puntate, analizzando alcuni aspetti specifici che hanno caratterizzato questo primo conflitto mondiale. La seconda puntata prende in esame la situazione dei seicentomila soldati italiani fatti prigionieri durante la Prima guerra mondiale e portati nei campi di prigionia di Austria e Germania. Quasi trecentomila dopo la disfatta di Caporetto. Le condizioni della detenzione sono durissime, al punto che centomila di loro moriranno di malattie, di fame e di stenti. L’Austria e la Germania, strette nella morsa del blocco navale imposto dai paesi dell’Intesa, non riescono a sfamare i loro cittadini e i loro soldati, tantomeno le centinaia di migliaia di prigionieri che affollano i loro lager.

Le condizioni della detenzione sono durissime, al punto che centomila di loro moriranno di malattie, di fame e di stenti

Così chiedono ai paesi dell’Intesa di provvedere al loro sostentamento inviando aiuti alimentari. Francia e Inghilterra accettano, l’Italia no. Il governo italiano e il Comando supremo dell’esercito, in primo luogo il generale Cadorna, sono convinti infatti che molti soldati italiani abbiano disertato o si siano arresi al nemico senza combattere, specie a Caporetto. Così la decisione di non inviare aiuti serve a punire i prigionieri, certo, ma anche a dissuadere i soldati ancora in guerra dall’assumere lo stesso comportamento. Per quei prigionieri che sopravviveranno e torneranno in patria il rientro sarà difficile. In molti casi verranno accolti come dei traditori.
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