Wilson, l'Italia e la Conferenza di Pace del 1919

Healing Democracies - Convegno Centro Studi Americani

Il mondo deve essere reso sicuro per ogni nazione pacifica che, come la nostra, desidera vivere la propria vita, stabilire liberamente le sue istituzioni, essere assicurata della giustizia e della correttezza da parte degli altri popoli del mondo, come pure essere assicurata contro la forza e le aggressioni egoistiche perciò il programma della pace nel mondo è il nostro stesso programma.


Con queste parole rivolte al Congresso americano, Woodrow Wilson presenta i 14 punti del suo famoso programma di pace.  È l’8 gennaio 1918 e mentre nel Vecchio Continente infuria ancora la Grande Guerra, il presidente degli Stati Uniti immagina un nuovo assetto europeo da costruire dopo il conflitto. Un nuovo equilibrio che prevede: la restituzione dell’Alsazia-Lorena alla Francia, la reintegrazione del Belgio, della Serbia e della Romania, l’evacuazione dei territori occupati tedeschi, l’autodeterminazione dei popoli soggetti all’Impero ottomano e a quello dell’Austria-Ungheria, nonché una modifica dei confini italiani secondo i principi di nazionalità. Un progetto ambizioso che prevede anche la riduzione degli armamenti, l’abolizione della diplomazia segreta e soprattutto l’istituzione di una Società delle nazioni, in grado di garantire il rispetto delle regole di convivenza fra i popoli.

Ed è con questi ideali che il 3 gennaio 1919 Wilson giunge a Roma in visita ufficiale.

Da due mesi l’Europa è in pace. L’Italia ha vinto la guerra, Trento e Trieste sono finalmente italiane, ma passata l’euforia della vittoria si fanno i conti con i tanti problemi del dopoguerra: la riconversione dell’industria bellica, la smobilitazione, il reinserimento dei reduci e il deficit statale. L’Italia del 1919 è, infatti, un paese fortemente indebitato.
 Deve pagare i debiti contratti con gli Stati Uniti e rimborsare i numerosi prestiti nazionali, emessi durante il conflitto per sostenere la produzione bellica. Le casse dello stato sono pressoché vuote e il governo continua a stampare carta moneta alimentando la spirale inflazionistica. Occorre poi difendere gli interessi nazionali alla Conferenza di pace, che sta per iniziare a Parigi nel pieno terza ondata dell’influenza spagnola, che colpirà anche i rappresentanti delle potenze vincitrici. Il contagiato più illustre sarà proprio il presidente americano Woodrow Wilson. 
 L’esito dei lavori della conferenza non è affatto scontato. L’Italia pretende, infatti, l’applicazione integrale del Patto di Londra che prevede l’annessione del Trentino, del sud Tirolo fino al Brennero, della Venezia Giulia, dell’Istria e di parte della Dalmazia con diverse isole adriatiche. Ma ora, nel gennaio del 1919, il governo italiano alza la posta rivendicando anche la città di Fiume, che però non rientra nei territori promessi da Francia, Inghilterra e Russia nell’aprile del 1915. Nell’avanzare questa richiesta, l’Italia si appella al principio di nazionalità, un principio che dovrebbe però valere per tutti i territori, anche per la Dalmazia, abitata prevalentemente da slavi. Ma alla Dalmazia il governo italiano non intende rinunciare. Una posizione difficile da sostenere soprattutto con Wilson, che con i suoi 14 punti, è diventato il paladino di un nuovo ordine mondiale fondato proprio sull’autodeterminazioni dei popoli.
Ecco perché il viaggio in Italia del presidente degli Stati Uniti diventa, dal punto di vista politico, molto delicato. Il governo italiano ne è perfettamente consapevole e accoglie Wilson con tutti gli onori del caso, evitando di affrontare, almeno pubblicamente, la questione dei confini nazionali per non turbare l’atmosfera di festa con spiacevoli incidenti diplomatici. E così sarà, Wilson visiterà Roma, Milano, Genova, Torino e ovunque sarà accolto da imponenti manifestazioni popolari. L’obiettivo della diplomazia italiana è quello di omaggiare e ringraziare il presidente di un grande paese, ormai potenza mondiale, nella speranza di poterlo avere dalla propria parte al tavolo della pace. Ma a Versailles, Wilson sarà coerente con gli ideali del suo programma e l’Italia, rappresentata dal presidente del Consiglio Orlando e dal ministro degli Esteri Sonnino, abbandonerà in segno di protesta la Conferenza. Un gesto che non otterrà nessun risultato.