Larissa Sansour

Il peso dell'eredità

Larissa Sansour è nata a Gerusalemme nel 1973, da madre russa e padre palestinese. Ha studiato in Inghilterra e negli Stati Uniti, ma poi ha trovato un marito danese e ha vissuto dieci anni in Danimarca, acquisendo così la cittadinanza danese. E’ stata proprio la Danimarca a volerla con il suo lavoro Heirloom (Un Cimelio di Famiglia) come unica artista a rappresentarla nel suo Padiglione alla Biennale Arte 2019  May You Live In Interesting Times a cura di Ralph Rugoff.
 
Fino all’età di diciassette anni ha vissuto in Palestina, poi durante la prima intifada si è recata in Inghilterra per continuare gli studi e ha seguito a spostarsi in giro per il mondo in continuazione. Attualmente vive a Londra.

“Tutte le conseguenze dell’essere nata in Palestina - dichiara Larissa Sansour - e rimanere per sempre palestinese secondo il governo israeliano, resta parte di me ovunque vada. Ancora oggi non posso entrare in Israele e non posso nemmeno entrare a Gerusalemme anche se ci sono nata. E per tanto tempo ero bloccata con un passaporto palestinese e non potevo viaggiare. Era molto complicato riuscirci.” 

Le sue origini e le sue vicende hanno segnato inevitabilmente la sua arte: Larissa Sansour  usa  la fotografia, la scultura, le installazioni ma soprattutto il linguaggio cinematografico come mezzo d’espressione, creando mondi fantascientifici  che sono allo stesso tempo intimi e globali.
 
Nel suo lavoro In the future they ate from the finest porcelain (Nel futuro mangiavano dalla porcellana di miglior qualità) aerei futuribili  che sorvolano un territorio sganciano dei cumuli di oggetti che sembrano bombe,  ma poi, come toccano terra, si dimostrano essere scatole pieni di piatti di porcellana della miglior qualità; le porcellane  vengono lasciate appositamente sul suolo in modo che nel futuro  i posteri abbiano elementi probanti per reclamare quel territorio come di propria appartenenza. 

In un primo momento le opere di Larissa Sansour sembrano voler attirare l’attenzione su problematiche legate all’attuale situazione palestinese, ma evolvono gradualmente in temi universali. L’artista indaga con una raffinatezza poetica rara gli aspetti più universali della condizione umana, alla perenne ricerca di un senso di appartenenza per rafforzare il senso d’identità.