Piranesi, l'Egitto e il Circolo dell'Archetto romano

Un racconto di Maurizio Calvesi

In questa intervista tratta dal programma, Storia della magia. Esoterismo nell’arte (Rai, 1993), lo storico dell'arte Maurizio Calvesi (1927–2020), racconta dei probabili rapporti che Giambattista Piranesi intraprese con i nascenti circoli settecenteschi di cultura massonica illuminista. L'originale tesi di Calvesi, maturata a diretto contatto con le lastre dell'artista conservate alla Calcografia Nazionale, negli anni in cui fu direttore dell'istituto (1967), all'epoca riscosse molte critiche per essere poi riconosciuta, in parte, soprattutto per quanto riguarda le sorti dei figli Francesco e Pietro nella Parigi del primo Ottocento.  
Fondamentale per questa influenza nel pensiero del giovane Piranesi, sembra sia stata la frequentazione dell'erudito toscano Monsignor Giovanni Gaetano Bottari (1689-1775), bibliotecario e curatore delle collezioni antiche Corsini e poi Vaticane. Esponente di rilievo per archeologi e studiosi romani, Bottari guadagnò fama di nume tutelare del Circolo dell'Archetto, movimento di ascendenza giansenista con sede a palazzo Corsini, che auspicava: 

...l'accoglimento del pensiero illuminista nel seno della Chiesa, sia per sgominare le  forze  conservatrici  e  in  particolare  i  gesuiti, sia  allo  scopo  di  fondare  un illuminismo  italiano
Augusta Monferini, Piranesi e la cultura antiquaria, 1983

Oggi, una vastissima bibliografia sull'argomento attesta che, nel Settecento, i principi generali e intellettuali della originaria massoneria hanno intrecciato legami con diverse branchie di pensiero, incidendo non solo su società e  politica, ma anche in campo artistico e letterario. Gaetano Bottari aiutò e protesse Piranesi fin dal suo arrivo a Roma, lo accolse tra gli arcadi e lo introducesse all’Accademia di San Luca (1761).


Giambattista Piranesi, Frontespizio. Diverse maniere d'adornare i cammini ed ogni altra parte degli edifizi, Acquaforte su rame con interventi a bulino (1767-1769)

La partecipazione di Piranesi agli ideali massonici settecenteschi, prima della tesi di Calvesi, era stata mossa e ipotizzata da altri storici dell'arte, su basi puramente iconologiche, attraverso l’esame dei moltissimi simboli e decori egizi contenuti in diverse incisioni dell'artista (Diverse maniere d’adornare i cammini ed ogni altra parte degli edifici, 1769). In questa intervista, Calvesi prende spunto dalla Chiesa del Priorato, ristrutturata da Piranesi su commissione del Cardinale Rezzonico, intervento su un contesto particolare dove l'artista ha fatto un uso abbondante di decorazione egizia (Piranesi e la chiesa di Santa Maria in Aventino).


Giambattista Piranesi, Decorazione del Caffe degli Inglesi, 1760, Roma, tratta da Diverse maniere d'adornare i cammini ed ogni altra parte degli edifizi

Figure di profilo e geroglifici egizi hanno invaso lo spazio del Caffè  degli  Inglesi a Piazza di Spagna (1760), intervento piranesiano del quale oggi non resta che alcune stampe inserite nella raccolta sui Camini eseguita tra il 1767 e il '69. Le nuove conoscenze sull’ambiente ideologico e filosofico di monsignor Bottari, hanno avvallato parte degli studi sui significati esoterici veicolati da questi simboli arcani. Di fatto, con la sua opera Piranesi avvia la moda dell'egittomania nella Roma di metà Settecento, una corrente che avrà molta fortuna nel secolo successivo. 

Le sfingi d’Egitto si sommavano così alle colonnette di alabastro provenienti dalla Terrasanta, ritrovate nel sottosuolo e utilizzate come elementi di quel rebus che era la sua chiesa. Le fece scolpire in facciata per manifestare la sua passione per gli egizi da opporre ai greci 
Pier Luigi Panza, 1998

Piranesi moderno artista irrequieto ed eclettico, conoscitore e antiquario, propone una lettura dei rapporti tra Egitto, Etruria, Grecia e Roma sulla base di competenze estese e approfondite, derivate dalla frequentazione di celebri studiosi del mondo antico e dall'esperienza maturata dentro le ricchissime collezioni pubbliche e private romane. Come scrisse Rudolf Wittkower, Piranesi utilizzò l’iconologia egizia con un atteggiamento di distacco tipico dello storicismo scientifico dell’età dei Lumi. Tuttavia, non è da escludere che nell'atteggiamento dell'artista vi fosse una sorta di osmosi con la tradizione mistico-ermetica che giustifica la forte componente simbolica  del suo  repertorio decorativo. Rimane il fatto che di questa grandiosa e retorica apologia dell'Egitto, Piranesi propone una lettura sottilmente ironica delle decorazioni, apparentemente accatastate, ma in realtà iscritte dentro un suo nuovo e originale ordine. 

Un Piranesi inaspettatamente leggero, ma anche molto più autentico, che dobbiamo imparare a riconoscere e ad apprezzare
Mario Bevilacqua

Così facendo, l'artista interroga le antiche civiltà del Mediterraneo per costruire genealogie inedite e ardite, suggerisce storie di prestiti e influenze con la sola unica volontà di consolidare l'idea dell'assoluta supremazia di Roma. Piranesi tuttavia, intuiva la crisi della centralità di questo luogo mitico dettata dal nuovo ampliarsi degli orizzonti della cultura europea. Roma non sarà più il centro dell'arte, come era stata in passato e ora, con la prima corrente cosmopolita della storia, il Neoclassicismo, i segni erano già evidenti.