Piranesi e la Chiesa di Santa Maria in Aventino

"Una sola chiesa piccola e stupenda"

Piranesi, che dal 1740 vive a Roma, ha formazione di vedutista canalettiana, ma preferisce l’incisione alla pittura, è architetto ma costruisce una sola chiesa piccola e stupenda, Santa Maria del Priorato
Giulio Carlo Argan

La Chiesa di Santa Maria in Aventino, detta anche Chiesa del Priorato, che questa gallery fotografica propone dopo il recente restauro (Il restauro di Santa Maria in Aventino), sorge sul maggiore colle romano, simbolo della spiritualità cittadina, all’interno del parco di Villa Magistrale, sede storica di governo del Sovrano Ordine dei Cavalieri di Malta (La storia secolare del Sovrano Ordine dei Cavalieri di Malta). 
Il Complesso rappresenta l'unico intervento architettonico di Piranesi, che pur firmando le sue incisioni “Architectus Venetianus”, solo qui ebbe l'occasione di convertire in pietra il suo estro creativo, dando prova con quest'opera di eccelsa qualità, della sua originale e personalissima visione dell’arte qui riassunta. 
La poetica di Piranesi è dominata in maniera indiscussa dall’architettura, dalle vedute accuratamente osservate e trascritte delle Antichità Romane, monumenti millenari inquadrati ed esaltati in grandiose rovine, all’universo visionario, cupo e angosciante delle Carceri di Invenzione. Anche nelle due dimensioni del foglio, Piranesi insiste sulla forza del tempo per creare tensione e pathos; evoca e accentua particolari e dettagli di muri in disfacimento resi titanici da un'accentuata enfasi assiale. La precisione dell'archeologo ante litteram e quella dell'artista genio irrequieto, nel minuscolo tempio al Priorato viene espressa nella soluzione di un insolito amalgama in bilico tra la precisione dell'antiquaria neoclassica e l'eccessivo decoro fantasioso tratto da svariate fonti. 


Giambattista Piranesi, Camino egizio, da Diverse maniere d'adornare i camini, 1767-'69 

Il restauro del Complesso dei Cavalieri di Malta, fu commissionato nel 1764 dal cardinale veneziano Monsignor Giovanni Battista Rezzonico, Gran Priore dell’Ordine e nipote di papa Clemente XIII. Pochi anni prima, Piranesi aveva dedicato alla nobile famiglia il trattato Della Magnificenza ed Architettura dei Romani (1761), nel quale esaltava il primato degli etruschi e di Roma e poco dopo, la raccolta Diverse maniere d'adornare i cammini (1767-1769), dove prorompeva il gusto per la decorazione egizia che, negli stessi anni, trova la sua massima espressione proprio nella Chiesa del Priorato
Piranesi intervenne su una struttura del Cinquecento dotandola di un accesso più agevole rispetto all'impervia via che saliva dal lungotevere. Nel giardino creò un cannocchiale prospettico sulla cupola di San Pietro, poi sistemò la villa e la piazza antistante conferendo al Complesso un aspetto moderno. L'opera più importante riguardò la Chiesa, nella quale Piranesi consolidò le fondazioni e mutò profondamente la facciata mantenendo, del vecchio assetto cinquecentesco, i due timpani, l'oculo e le proporzioni del portale. Piranesi progettò un rivestimento dell'edificio esterno ed interno, fatto di uno strucco bianco, ricavato da una mescolanza di calce e polvere di marmo contaminata di ocra per accentuare le ombre delle esuberanti decorazioni.  

È un fenomeno particolare che il pazzo Piranesi ardisca far l’architetto: solo dirò che non è mestiere da pazzi 
Luigi Vanvitelli

Pochissimi cultori accolsero con entusiasmo la chiesa di Piranesi, giudicata poco coerente, non armoniosa e troppo fantasiosa. In Santa Maria del Priorato infatti, l'estro visionario di Piranesi, immune dal contemporaneo Neoclassicismo, attinge da un ampio inventario decorativo di matrice etrusca, romana e soprattutto egizia. Nella facciata, spiccano quattro lesene trattate con strigilatura, ciascuna interrotta da un riquadro con la spada dei Cavalieri. I classici ordini architettonici di facciata, sono qui rielaborati in maniera anticonvenzionale; i capitelli presentano figure alate separate da una torre, lo stemma dei Rezzonico, o forse un richiamo alle attività in terre d’oltremare dei Cavalieri dell’Ordine. Nelle due candelabre simmetriche, a fianco del portale, Piranesi disegna minuscole ed elaborate porzioni, quasi “incise”, di stucchi assembrati come lacerti lapidei secolari, qui recuperati a nuova vita. Gli elementi simbolici dagli strumenti del muratore e delle mezze lune, forse rimandano alla nascente massoneria illuminista settecentesca, al mondo ottomano e alla vittoria Lepanto (Piranesi, l'Egitto e il Circolo dell'Archetto romano). La targa con l'iscrizione FERT, ricorda la difesa di Rodi da parte dei Cavalieri nel XV secolo. La primaria funzione dell'edificio, quello di sacello funerario (Piranesi torna alla luce), è dichiarata sopra il timpano di ingresso, dove una fitta merlettatura corona l'oculo in forma di clipeo romano, contenuto ai lati da due serpenti morbidamente arrotolati che fungono da maniglie di un antico sarcofago. Il serpente ha molti significati: la funzione medica dell'Ordine, quello  religioso di morte e resurrezione, quello ermetico massonico, ma è anche un richiamo, voluto da Piranesi, dall’antico Mons Serpentarius, antico nome dell’Aventino.   

Piranesi opera per scarti, fraintendimenti, discontinuità con la fonte, metonimia, sineddoche, anafora, necessità di “varianza” sul tema. I frammenti dei reperti, messi così in opera, diventano un esempio di memoria ritrovata
Pier Luigi Panza, 1998


Giovanni Maria Cassini (1745-1824), Veduta di San Giovanni di Malta detto il Priorato, 1775, acquaforte, 17.5x27 cm; da "Nuova raccolta di vedute di Roma antica e moderna" Roma, Venanzio Monaldini, 1779

Nel frontone sommitale, poggiato su una trabeazione con fregio alla greca, elementi cardine dei templi classici, Piranesi conclude il timpano con un gigantesco emblema dell'Ordine:  gli stemmi militari dell'Ordine di Malta, scudi, blasoni e trofei, sono  tratti da modelli augustei ed ellenistici. Da disegni e incisioni eseguiti d'apres, la facciata della Chiesa del Priorato era stata ultimata con un fastiggio realizzato ex novo da Piranesi e decorato con araldica della famiglia papale Rezzonico. Nel 1849, questa sorta di paratia frastagliata che innalzava l'edificio, forse per essere visibile dal Tevere, venne danneggiata delle truppe francesi nell'assedio di Roma e così fu demolito (Paesaggi, vedute e cartoline del Complesso dell'Ordine di Malta).



L’interno della chiesa, risalta nel biancore abbacinante che avvolge l'ambiente della navata e le cappelle laterali rivestite di intonaci e stucchi, esaltati dalla luce esterna proveniente da finestre e aperture posizionate fin dietro l'altare. In quegli stessi anni, Piranesi aveva elaborato audaci studi su Borromini, architetto molto ammirato, del quale stava ultimando un progetto per finire l'abside di San Giovanni in Laterano (Piranesi e l'Aventino). Tra il presbiterio e il coro, Piranesi inscena una sorta di schermo e intreccia una doppia fonte luminosa tra le finestre dell’abside e tre oculi posizionati in quella porzione di muro che para il catino absidale e sovrasta in altezza le navate e il transetto. In questo modo, l'altare di San Basilio si eleva separando la navata dall'abside; l'impatto spettacolare di questa macchina scenica è ancora frutto del serrato confronto con Borromini. 



Nell'altare maggiore, il gruppo scultoreo di San Basilio in Gloria, realizzato in stucco dall'allievo Tommaso Righi (1722–1802), sale da un globo posto sopra un sarcofago che a sua volta, inquadra il bassorilievo di una Madonna col Bambino. Qui, prima del restauro di Piranesi, trovava posto un dipinto di Andrea Sacchi (Madonna col Bambino e San Basilio, 1636-'37), oggi esposto a Villa Magistrale. Accanto all’altar maggiore, il trono riservato al Gran Maestro e nella seconda nicchia della navata destra, il Monumento sepolcrale di Piranesi (1780), opera di Giuseppe Angelini (1735/42-1811). Una statua a figura intera lo mostra assorto, in abiti romani e appoggiato a un'erma con incisi gli strumenti di lavoro; in mano la testimonianza del suo ultimo viaggio studio a Paestum (1777). Inizialmente, Piranesi aveva riservato questo spazio alla sepoltura del committente, disegnando un candelabro in stile adrianeo, poi trasferito da Napoleone a Parigi e oggi al Louvre.

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Sovrano Ordine dei Cavalieri di Malta