Zeri e la burla di Livorno

Speciale TG1, 1984

Quella trasmissione ha provocato gravi conseguenze: ha cambiato la mia vita … Devo dire che quei sassi erano molto brutti, tra l'altro, mi avevano insospettito fin dal primo momento …
Federico Zeri

La clamorosa "burla di Livorno", in diretta per lo Speciale TG1 il 10 settembre del 1984, trasforma la vicenda artistica di alcune sculture attribuite ad Amedeo Modigliani (1884-1920) e recuperate nel Fosso Reale di Livorno, in uno scandalo pubblico che travolge noti storici dell'arte italiani quali, Giulio Carlo Argan, Cesare Brandi, Enzo Carli e Carlo Ludovico Ragghianti.
Nella beffa tutta livornese, cadono malamente anche i fratelli Vera e Dario Durbè, la prima conservatrice dei musei civici di Livorno e direttrice del Museo d’Arte Moderna di Villa Maria, il secondo soprintendente della Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, entrambi, entusiasti dei miracolosi ritrovamenti.
La tumultuosa vicenda inizia nella città dell’artista, Livorno, dove nell'estate del 1984, Vera e Dario Durbé presentavano la mostra commemorativa, Modigliani: gli anni della scultura, in occasione del centenario di nascita dell'artista (1884-1984). 

Allestita al Museo d’Arte Moderna di Villa Maria, la scarna esposizione presentava solo quattro delle ventisei teste attribuite a Modigliani, poche per la mostra di scultura che passò così in sordina rispetto al grande successo di botteghino dell'esposizione parigina del 1981

E mentre la mostra livornese languiva, la curatrice Vera Durbè, e il fratello Dario, decidono di accreditare una vecchia leggenda secondo la quale, nel 1909, prima di partire per Parigi dove avrebbe finito il resto dei suoi giorni, Modigliani avrebbe gettato nei fossi di Livorno quattro sculture ritenute deludenti.
Confidando nella risonanza dei media, il comune della cittadina finanzia il dragaggio dei canali con quaranta milioni di lire, soldi che muovono tivù, quotidiani e settimanali nell'alimentare la favola del grande mito artistico livornese.

Cresce la folla dei curiosi davanti alla chiatta istallata per la perlustrazione del Fosso e dopo più di una settimana, il rinvenimento di una delle sculture avviene sotto i riflettori delle troupe televisive. È lo scoop del secolo, i Durbè non hanno dubbi, le opere sono di Amedeo Modigliani

La notizia proietta Livorno alla ribalta della cronaca, la città viene invasa da turisti e media di tutto il mondo. Dall'America al Giappone, curiosi, giornalisti e critici d’arte si affollano alla mostra dei Durbè che subito espone le teste.
Figure autorevoli della critica italiana danno pareri unanimi:  sul Corriere della Sera, Cesare Brandi scrive, “Ho visto quelle teste, sono di Modigliani"…"in quelle due scabre pietre c’è l’annuncio: c’è la presenza”; e ancora, Enzo Carli: “Modigliani non ha tradito la materia” e Carlo Ludovico Ragghianti, “sono opere fondamentali per Modigliani e per la scultura moderna”. Giulio Carlo Argan le vede solo in foto e afferma:

Con riserva di un’attenta analisi sui reperti, giudico attendibile la tesi della autenticità delle sculture, anche se non sono dei capolavori 

E mentre Dario Durbè pubblica a tempo di record il catalogo delle due teste riprovate nel fango (Due Pietre Ritrovate di Amedeo Modigliani, 1984), corredato da foto e commenti di illustri esperti, arriva il colpo di scena e scoppia la beffa. 
Nella calda estate, il settimanale Panorama pubblicava un’intervista rilasciata da tre studenti ventenni di Livorno, Pietro Luridiana, Pierfrancesco Ferrucci e Michele Guarducci che, divertiti, asserivano di essere gli autori di una delle teste e come prova, mostrano una foto che li ritrae con la scultura. 
Nello Speciale del TG1, i tre studenti autori della testa sono invitati ad eseguire il lavoro in studio con un trapano Black & Decker (marca che sfrutterà la vicenda a livello pubblicitario), mostrando la loro abilità di fronte a dieci milioni di telespettatori (Le finte teste di Modigliani). 
Alla leggerezza di questo primo gesto, se ne aggiungeva subito un altro, ma questa volta con valenza "concettuale", per mano  dello scultore e pittore livornese, Angelo Froglia, anche lui autore di due teste scolpite, gettate nel canale e ripescate il 10 agosto dello stesso anno, dopo il ritrovamento della prima. Froglia, che voleva semplicemente attuare una provocazione artistica, dichiarò di aver voluto

… evidenziare come attraverso un processo di persuasione collettiva, attraverso la Rai, i giornali, le chiacchiere tra persone, si potevano condizionare le convinzioni della gente

Nello Speciale del TG1, venne intervistato in diretta da casa Federico Zeri, che qui appare divertito con i figli del suo giardiniere. Zeri, che aveva già definito la testa dei ragazzi "un paracarro inciso", esortava in diretta tivù l'autore falsario delle altre due teste, "di venire allo scoperto" e Froglia, si paleserà tre giorni dopo lo Speciale, il  13  settembre.

Giudicare, attribuire, comprendere una scultura rappresenta sempre un problema. Mi fido soltanto di una cosa, del mio occhio e della primissima impressione che ricevo dal mio occhio. Non credo nelle analisi chimiche, non credo nelle analisi dei tecnici … Perché ho avuto una serie di esperienze, proprio nel campo della scultura, a proposito di oggetti plastici in marmo, in terracotta, che sono stati offerti in vendita ad un museo americano del quale sono uno dei consulenti
Federico Zeri

Nella memorabile serata televisiva Zeri non risparmia sorprese e stimolato dal giornalista a parlare di falsi accenna, senza citare direttamente la vicenda in corso, al Kouros greco in marmo acquistato in Svizzera dal Getty Museum di Los Angeles, per quattordici miliardi di dollari, acquisto fatto contro il suo parere di curatore della prestigiosa collezione. 
Il grande Zeri, che considerava la statuetta un clamoroso falso del XX secolo, in seguito a questa dichiarazione televisiva non metterà mai più piede nel museo americano.

FOTO DI COPERTINA
Dragaggio del Fosso Reale di Livorno, luglio 1984 © Foto Ansa