L'occhio di Zeri

Mixer, 1988

Il discorso deve essere assolutamente aderente all’immagine. Questo è il grande segreto del cinema e della tivù
Federico Zeri

La più remota partecipazione di Federico Zeri al programma cult di Giovanni Minoli, Mixer (1980-1998), risale a marzo del 1988. Da allora, in una serie di puntate a stretto giro di mesi, lo studioso è invitato a parlare di temi storico artistici a volte legati all'attualità. 

Zeri aveva una sua idea ben precisa di come comunicare l’arte in tivù e nello studio di Minoli aveva modo di confrontarsi con un format di informazione e cultura più agile e moderno 

Dal ritmo incalzante, Mixer voleva catturare il pubblico giovane con una comunicazione  divulgativa e poco paludata. Zeri nello studio di Minoli ritrovava un pubblico esigente, curioso,  informato e soprattutto divertito. Per questo, senza nascondere nulla del suo temperamento, rispetto alla riservatezza di certi intellettuali suoi coetanei, Zeri sfrutta le tinte forti della sua voce e soprattutto, da ora in poi, mostra il suo essere singolare e istrionico, pronto a cogliere l’attimo giusto per provocare il colpo di scena. 
La sua visibilità e notorietà televisiva aveva già avuto momenti forti: dalla “burla livornese” delle teste di Modigliani nel 1984 (Zeri e la burla di Livorno), alla presunta non autenticità del Trono Ludovisi, che proprio nel 1988, viene lanciata a Mixer (Zeri e il Trono Ludovisi), mettendo in subbuglio il mondo degli archeologi. 

Ma proprio nello studio di Minoli, Zeri mette in atto per la prima volta il suo travestimento e appare come amava vestire a casa, con il lenzuolo variopinto del kaftano

Sull'apparire, in un certo modo ricercato, Zeri affermava di essersi ispirato alla lezione dello show man americano pop, Liberace (1919-1987), perche affermava, “in Italia sei importante per come appari, non per quello che dici” (Federico Zeri Autobiografia).
In questa puntata di Mixer, Zeri spiega come lavora per definire la paternità di un'opera d'arte e la prima cosa da affrontare, afferma in un primo piano convinto, è "rendersi conto dello stato dell'oggetto", ossia come è giunto a noi. 

E così, distruggendo l'idea dell'opera intoccabile, Zeri racconta che molte tavole e tele dei secoli passati sono state tagliate e riusate in contesti culturali e dunque spaziali, molto diversi 

Un ritratto di Piero di Cosimo, una veduta di Francesco Guardi, una tavoletta del Maestro dell'Osservanza, sono presi in esame ed indagati a fondo ricollegando i motivi della "mutilazione" delle opere a contesti culturali e di uso molto precisi.

FOTO DI COPERTINA
Federico Zeri negli studi di Mixer © Angelo Palma/Contrasto 1986