Saul Steinberg: l'essenza totemica

Un raro reportage firmato Sergio Zavoli

Il disegno è la mia essenza stessa, il mio fatto cartesiano. Io disegno, dunque esisto. Anche fisicamente non esisterei se io non disegnassi … Sono una mano che disegna, e mi basta 
Saul Steinberg, 1967

Manhattan, 1967. Il noto giornalista d'inchiesta della tivù pubblica italiana, Sergio Zavoli (Speciale. Sergio Zavoli), entra nella casa-studio americana di Saul Steinberg e con una esigua troupe di tre persone e gira, in sedici millimetri, un memorabile reportage bianco e nero: Saul Steinberg. L'essenza totemica (Incontri, a cura di Gastone Favero, 1967). Il documentario restituisce non solo la figura dell'ironico artista intervistato a cinquantatre anni, ma anche l'incontro molto particolare fra Zavoli e un'anima riservata e di acuta intelligenza, che indubbiamente lo stimolò ad una conversazione dai toni intimi e profondi sui temi della vita e della creazione.

Tuttavia, il giornalista aveva dovuto pattuire con lo schivo artista e filosofo, tempi ferrei e modi dell'intervista: "non più di venti domande, nessun accordo preliminare, no ai rifacimenti e rifiuto di ogni teatralità

Per le sue caratteristiche di rarità e preziosità, Saul Steinberg. L'essenza totemica, è stato scelto per documentare l'originale mostra sull'artista statunitense allestita alla Triennale di Milano (Saul Steinberg Milano New York).


Evelyn Hofer, Saul Steinberg with his hand, New York, 1978, © Estate of Evelyn Hofer

Saul Steinberg (1914-1999), di origine ebree, nato a Bucarest e vissuto in America, si laureava in architettura al Regio Politecnico di Milano, città nella quale aveva trovato rifugio in giovane età e dove avviava la una fortunata professione di grafico. Ma dopo un soggiorno di quasi dieci anni (1933-1940), Steinberg fuggiva a fatica dall'Italia, passando per il carcere di San Vittore e approdava a New York nel 1941, città dove trascorreva tutta la vita. 
Il passaggio dalla piccola Milano alla Grande Mela, rappresentò per Steinberg una svolta decisiva nello sviluppo della sua carriera artistica. Fino ad allora, infatti, Steinberg aveva vissuto il ventennio fascista italiano immerso nella vivace cultura visiva e architettonica milanese, ispirata dalle avanguardie del Novecento e dal Modernismo Bauhaus. Nella fervente Milano, luogo di intellettuali ed imprenditori, era in corso un proficuo dialogo fra artisti impegnati nella definizione del concetto di design, il futuro made in Italy. Il ristretto ed esclusivo cenacolo di idee profetiche per l'avvenire, già dagli anni Venti del secolo, ruotava attorno alla figura dell'architetto Gio Ponti (Gio Ponti), al suo insegnamento presso la facoltà di Architettura del Politecnico (1636), nonché alla sua rivista “Domus” (1928) che concentrava un numero notevole di giovani promesse.


Saul Steinberg, Copertina del "The New Yorker", 12 Ottobre 1963 © The Saul Steinberg Foundation /Artists Rights Society (ARS), New York 

A New York, dopo il fortunato background milanese, Steinberg comincia una lunga e duratura collaborazione con importanti riviste per le quali realizza vignette e copertine.

Prima fra tutte, "The New Yorker", poi "Harpeer’s Bazaar", "Life" ed "Encounter, pagine che passeranno alla storia regalando a un largo pubblico il segno inconfondibile  del disegnatore umoristico esperto di "cose del mondo" 

Tuttavia, Steinberg non rinuncia a sperimentazioni artistiche personali più mirate, nate nell'esclusivo milieu culturale europeo ed internazionale, dove l'artista coltivava amicizie e collaborazioni importanti. Ai disegni essenziali e a matita, si aggiungono pastelli, timbri, acquerelli e lunghe serie di oggetti-scultura, come le maschere di carta, realizzate anche con stoffe e collages, a documentare l'intensa e multiforme attività artistica di Steinberg, lanciato in una ricerca concettuale, di provenienza dadaista e surrealista, esplicata in manufatti estetici complessi e funzionali.

C'è nella pittura e nella scultura un compiacimento, un narcisismo, un modo di perdere tempo attraverso un piacere che evita la vera essenza delle cose, l'idea pura. Mentre il disegno, è la più rigorosa, la meno narcisistica delle espressioni
Saul Steinberg

L'intervista inizia sul tetto di un grattacielo di Manhattan, una visione dall'alto "dell'essenza totemica" di Steinberg, un uomo "qualunque" che vive ed opera in un paesaggio metropolitano razionale, di forme architettoniche assiali e geometriche. Qui l'artista appare a suo agio, passeggia e con molta semplicità espone la sua concezione critica di vissuto da "camuffato", da individuo "anonimo" che vede gli altri, ma non è visto. 
La percezione profonda ed amara della realtà artefatta americana, a parere dell'artista ha ridotto le persone a condurre una vita programmata dentro "abitazioni verticali": 

Quello che li rende mostruosi è il fatto che sono professionisti di questo labirintismo. Non cercano per nulla di salvarsi, ne hanno fatto un mestiere, la professione di vivere lungo la canna degli ascensori, tutta la vita"
Saul Steinberg

Steinberg non nasconde il suo disincanto nei confronti di un modello di vita consumistico basato sulle illusioni, e lo afferma da esule rumeno piantato nel paesaggio anonimo dell'America industriosa, dopo essersi formato nel piccolo e fervente ambiente artistico italiano, connotato da valori romantici e individualistici della professione artistica ed intellettuale. 
Nella sua piccola casa-studio, Steinberg attraversa le stanze introducendo la sua esile e preziosa collezione d'arte nata da cose buffe, cimeli raccolti durante i suoi viaggi e scambi provenienti da amicizie particolari. Spicca nel muro un piccolo quadro dell'amatissimo Klee, assieme a una stampa giapponese, forse di Utamaro. 
Non passa inosservato nemmeno un Mondrian che l'artista dice aver realizzato con le sue mani, per provare cosa significasse l'appropriazione di un codice e uno stile così particolare.

Ho provato ad impossessarmi di Mondrian, ho provato a digerirlo", afferma il maestro americano, ma proprio per questo, perché profondamente sentito nella sua "essenza totemica", Steinberg non considera l'opera un falso, una copia dell'olandese, ma una sua creazione

Molto buffo l'aneddoto della collaborazione con Picasso, quando la loro vicinanza creò imbarazzo al grande spagnolo per la differenza di età con il giovane: "si sentiva nonno", afferma. 



Davanti alla sua collezione di cimeli, Steinberg confuta il concetto di kitsch svincolandosi dagli schemi del modernismo e portando l'attenzione sul soggetto che sceglie l'oggetto. O ancora, torna sul concetto di "vero e falso", riferendosi al lavoro di rifacimento di documenti storici, fotografie e carte, trattate per assumere nuovi significati. 

Fotogramma:  "Autobiografia" di Saul Steinberg 

Interessante anche l'idea di "autobiografia", qui espressa dall'artista, che considera questa forma documentale sempre molto relativa, perché solitamente scaturita dalla necessità di commemorare e ribadire la storia individuale di fronte alla crisi dell'identità sociale e religiosa. Dalla sua matita, prende forma Autobiografia, un individuo le cui parole inglobate dentro un baloon "fanno da piedistallo" al soggetto rappresentato.

Non era un fumettista, era un creatore di aforismi visivi. Ciò che lo contraddistingueva era l’abilità di prendere un’idea complessa e distillarla in una singola immagine
Art Spiegelman

Nei suoi disegni, Steinberg ha approfondito i "gruppi sociali" e il linguaggio che li caratterizza. Con l'arma della satira, mischia differenti stili artistici, disegna maschere e figure archetipe, non personaggi definiti nei quali è possibile riconoscersi. Ad esempio, la donna americana ossessionata dalla necessità di truccarsi, ossia di esibire la "maschera" per nascondere la vecchiaia o la malattia. In America, commenta Steinberg, "è vietato essere infelici", o stare male, perché la morte è una tragedia.

Saul Steinberg, Donna seduta, 1950-51, inchiostro e pastello su carta vergellata, The Saul Steinberg Foundation, New York © The Saul Steinberg Foundation/Artists Rights Society (ARS), New York

I disegni di Steinberg si caratterizzano per le linee pulite e fatte a pennino, o per il tratteggio arzigogolato e frenetico, per l’uso funzionale dei baloon e dei segni ortografici, nonché di tutti i punti tipografici propri del graphic designer
In ogni illustrazione, ogni segno grafico acquista un suo significato profondo che ha origine nella psicologica della forma (Gestalt), un ambito di studi maturato nel suo background italiano, dentro il quale l'artista ha trovato parte importante della sua espressione, qualcosa che in questa intervista di Zavoli, emerge chiaramente come una lezione di grafica d'avanguardia.

Io credo che il naso, sia la parte del nostro corpo più primitiva, più originale e privata, gli occhi e la bocca sono già, come dire, elementi politici della faccia, mentre il naso è rimasto un po' l'antenato della faccia, è la parte meno evoluta
Saul Steinberg

Steinberg chiude l'intervista e regala alla troupe televisiva di Zavoli una manciata straordinaria di minuti, documento unico che restituisce la verve acuta dell'uomo e dell'artista. Steinberg costruisce una maschera, figura emblematica della sua produzione, lavorata a partire da un susseguirsi di ritagli, a mano e con forbice, di un foglio di carta prontamente pescato dalle risme poste sul tavolo di lavoro.  


Fotogramma della maschera di Steinberg: "il totem della mia faccia"

L'artista indossa la maschera e facendo uscire il naso dal foro, dimostra come l'organo di senso esprima fin da subito la principale caratteristica fisiognomica del suo volto. 

Il naso è il protagonista del mio viso", afferma l'artista gesticolando attorno al suo viso. "È il naso che ci rende complici di noi stessi. La misura dell'uomo è il suo naso, è un po' quello che ci distingue
Saul Steinberg

Nella sequenza successiva, Steinberg usa la fotografia dalla sua faccia e ne ricava il fulcro visivo, un ritaglio costituito dagli occhiali e dal naso, che definisce il "totem della mia faccia". 
In chiusura, Steinberg s'incappuccia con un sacchetto di carta che riproduce in poche linee una maschera anonima: un oggetto "che lo protegge dagli altri" e che a suo dire alquanto provocatorio, a questo punto dell'intervista, gli permetterebbe di affermare "tutto il contrario" di quanto raccontato alle telecamere di Sergio Zavoli. 

Saul Steinberg: l’essenza totemica, dalla serie Incontri a cura di Gastone Favero
Autore Sergio Zavoli, riprese di Franco Lazzaretti e Giancarlo Pizzirani, montaggio Giacomo Callegari, bianco e nero, Rai, Italia, 1967


MOSTRA SAUL STEINBERG
Saul Steinberg Milano New York

FOTO DI COPERTINA
Evelyn Hofer, Saul Steinberg with his hand, New York, 1978, © Estate of Evelyn Hofer