Sironi, illustratore della Grande Guerra

Gli artisti nel primo conflitto mondiale

Il filmato è stato realizzato da Rai Cultura in occasione della mostra “Sironi e la Grande Guerra. L’arte e la Prima guerra mondiale dai futuristi a Grosz e Dix”, allestita al Museo Palazzo de’ Mayo (Chieti, 2014) e qui presentata da Valentina Cocco.

La mostra, che rientrava nel programma delle commemorazioni per il Centenario della Prima Guerra Mondiale, apriva una riflessione su quegli anni drammatici vissuti in prima persona da artisti italiani e stranieri coinvolti nel conflitto

Cuore dell’esposizione, fu proprio la figura di Mario Sironi (1885-1961) sul quale, la curatrice della mostra Elena Pontiggia, aveva approfondito la sua breve stagione futurista, pochi anni conosciuti fino ad allora in maniera superficiale e che invece, saranno importantissimi per la maturità dell’artista.
Con oltre cinquanta opere scelte, la mostra documentava un periodo artistico molto vivace (1914-1918), animato da personalità di spicco con le quali Sironi interagiva, non solo direttamente, ma anche attraverso la conoscenza mediata di riviste d’epoca. 
Il confronto iniziava con le opere del maestro del Divisionismo italiano Gaetano Previati, con quelle dei futuristi della prima ora Giacomo Balla e Carlo Carrà e dei più giovani Fortunato Depero, Enrico Prampolini, Gerardo Dottori e altri. Nel versante straniero, erano presenti opere di artisti guardati con interesse dal giovane Sironi, come il francese Fernand Léger e i tedeschi George Grosz e Otto Dix.

Il nucleo principale delle opere del giovane Sironi in mostra datava tra il 1915, il suo anno più futurista nel quale si trasferiva a Milano per stare vicino all’amico Boccioni e il 1918

Del Futurismo, Sironi condivideva l’audacia, la provocazione, lo sdegno per l’individualismo borghese e l'arte “da salotto”, il nazionalismo e la politica interventista, ma non sarà mai pienamente allineato alla poetica del gruppo. Dopo qualche inserto di “parolibere” in rare opere, Sironi denunciava la sua vocazione di “costruttore” e solidificava i suoi volumi negando qualsiasi accenno alla dinamicità futurista. 
Allo scoppio del conflitto, l’artista si arruola con il “Battaglione Volontari Ciclisti” seguendo il gruppo futurista milanese e firmando l’euforico manifesto di Marinetti, “L’orgoglio italiano”. Congedato, nel 1916, tornava soldato nell’esercito mentre, lo stesso anno, Boccioni scriveva un articolo sull’amico, poche righe nelle quali poneva Sironi ai vertici dell’illustrazione internazionale.

A queste date, infatti, Sironi era noto quasi esclusivamente come illustratore de “Il Montello", rivista di trincea, realizzata interamente dai soldati operanti sul fronte del medio Piave durante la Grande Guerra 

Sironi ha dato un largo contributo, con le sue illustrazioni a colori, a diversi numeri di questa rivista allora redatta insieme ad Enrico Borioli e Massimo Bontempelli.
In mostra, erano presenti diverse vignette satiriche dell’artista di rilevante interesse, realizzate contro l’esercito austro-tedesco. In particolare, rimangono solo cinque copie dell’ultimo numero del “Montello”, uscito nel 1918 per celebrare la vittoria, dove le masse compatte ed uniformi di materia cromatica dai rossi accesi, rafforzano la drammaticità di un’immagine macabra e quasi espressionista: sullo sfondo di un cielo nero, nascosto da due immense bandiere rosse, allusione all’imminente rivoluzione tedesca, Sironi issa sulle picche le tre teste mozzate dell’imperatore, dai caratteristici baffi a punta, con dei suoi generali e le abbandona a una folla spettrale (La sarabanda finale, copertina de “Il Montello” n. 3, 15 ottobre 1918).

La sua matita diventa strumento di propaganda bellica in vere e proprie caricature di aguzzini che si alternano a commoventi ritratti di soldati e ufficiali, suoi compagni di sventura 

Con questa esperienza di grafico e illustratore, Sironi abbandona definitivamente il Futurismo e sperimenta un segno più deciso e mosso, con accenni pittorici volti a una deformazione efficace e visionaria. 
Nel "Montello", inoltre, Sironi accentua i caratteri monumentali e pittorici a favore di una solida costruzione formale, a tratti quasi evocanti il cuneo rosso di El Lissitzkij, di sapore "Costruttivista". 

Negli anni Venti del “ritorno all’ordine", anche questa esperienza di grafico costituirà parte della base su cui costruire la sua nuova “classicità” latina 

Chiudono la mostra due opere monumentali di enorme suggestione, realizzate postume, ma intimamente legate a quest’esperienza giovanile: la grande tela della “Vittoria alata”, del 1935 e i giganteschi “Soldati”, del 1936. La prima, costituisce il cartone per l’affresco “L’Italia fra le scienze e le arti”, realizzato per l’Aula Magna della Sapienza di Roma, oggi il più importante documento dell’idea sironiana di “affresco pubblico”, pesantemente ridipinto per motivazioni censorie (Sironi a Milano, Roma e Sassari). Il secondo, un’imponente composizione dedicata a “I due soldati”, è un’evocazione visionaria della Prima Guerra Mondiale, a vent’anni di distanza dal confitto.

FOTO DI COPERTINA
Mario Sironi, Vittoria alata, 1935, Collezione privata