Damien Hirst a casa di Scipione Borghese

Archaeology Now: materia, inganno e il potere ipnotico dell'arte

08 Giu 2021 > 07 Nov 2021

Con questa mostra la leggenda del cardinale e della sua collezione viene rinvigorita, e la Galleria Borghese, nella sua concretezza storica, prende definitivamente il posto che le appartiene, quello del vero mito, dell’incarnazione di un sogno.
Anna Coliva, curatrice della mostra

La collezione storica più famosa del Barocco, quella raccolta dal Cardinal Scipione con i marmi di Canova e Bernini, con i dipinti  di Raffaello e Caravaggio, e la collezione immaginaria creata da Damien Hirst, i tesori emersi dal recupero del vascello carico della inestimabile raccolta di proprietà di Aulus Calidius Amotan, vissuto tra il I e il II secolo d.C., si incontrano nella sale della Galleria Borghese in un continuo rimando tra realtà e finzione e in un progetto che intende presentare un artista simbolo della contemporaneità e celebrare la forza, la bellezza, il potere ipnotico dell'arte che si rigenera attraverso i secoli in una mutazione infinita di forme e immagini. 


Damien Hirst: Neptune, 2011. Bronzo blu, 97,4 x 61 x 37,3 cm

La mostra Archaeology Now, curata da Anna Coliva e Mario Codognato, espone oltre ottanta opere dalla serie Treasures from the Wreck of the Unbelievable, un ciclo eseguito dall'artista inglese nel corso di più di dieci anni e presentato per la prima volta a Venezia nel 2017 a Palazzo Grassi e a Punta della Dogana. Sculture sia monumentali sia di piccole dimensioni che affiancano i capolavori antichi in tutte le sale della Galleria Borghese e occupano anche il Giardino Segreto dove si insedia il colossale gruppo di Hydra e Kali. Lavori in bronzo, marmo, oro, in cristallo e pietre dure. L'artificio narrativo ideato dall'artista inglese, celebrando la passione per l'arte e il mito del collezionista, consente di recuperare leggende e valori estetici classici, di esplorare le potenzialità di materiali naturali, antichissimi e preziosi, con eccezionale abilità tecnica. Materia che dà forma ai miti e costruisce un repertorio vastissimo di figure presenti nell'immaginario collettivo, come, ad esempio, La testa mozzata di Medusa in malachite, replicata in oro e argento e nel bronzo, il Cranio di unicorno in argento, il Teschio di Ciclope in bronzo, l'Ermafrodito in granito nero, i busti dei faraoni in agata bianca e granito blu, in marmo di carrara e smeraldi, in bronzo dipinto.

Realizzate in marmo, bronzo, corallo, cristallo di rocca, pietre dure e inserite tra i capolavori della collezione della Galleria, queste opere esaltano il desiderio di multiformità del suo fondatore, il Cardinale Scipione Borghese. La sua fantasia era stata di superare le categorie, non solo tra le arti, ma anche tra realtà e finzione. Anna Coliva, curatrice della mostra


Damien Hirst: Reclining Woman, 2012. Marmo rosa, 128 x 56 x 151 cm

Morte, vita, sacralità, memoria. Anche i Treasures sono una meditazione sull'apparenza e sulla verità, sulla funzione dell'arte e il suo sistema. Immagini mutile, frammentate, stratificate che ostentano l'azione aggressiva compiuta dal tempo, e si impongono come una metafora del duello tra la vita e la morte, costante nella poetica di Damien Hirst.
La mostra presenta anche un gruppo di dipinti dalla serie di Hirst del 2016 intitolata Colour Space, che costituisce sia uno sviluppo degli Spot Paintings sia una rivisitazione della prima opera di quella serie in cui le macchie erano dipinte liberamente. Colour Space vede l’infiltrazione, nelle parole dell'artista, di “elementi umani”. Queste opere sono come “cellule al microscopio”. Rompono l’idea di una immagine unificata, fluttuano nello spazio, scontrandosi e fondendosi l’una nell’altra, con un senso di movimento che contraddice la stasi della tela.

I suoi dipinti impregano sulla tela gli stessi grandi temi affrontati nelle sue opere scultoree, non attraverso una mimesi della realtà ma piuttosto attraverso una compenetrazione fisica tra mondo e superficie pittorica, tra l'illusorio desiderio di fermare il tempo e l'inevitabile decadimento della vita in natura.
Mario Codognato, curatore della mostra


Damien Hirst nasce nel 1965 a Bristol, cresce a Leeds e dal 1986 al 1989 studia Belle Arti al Goldsmiths College di Londra. Nel 1988 progetta e cura Freeze, una mostra collettiva divenuta il trampolino di lancio non solo per Hirst, ma per un’intera generazione di giovani artisti britannici. Dalla fine degli anni ‘80, realizza una vasta serie di installazioni, sculture, dipinti e disegni per esplorare le complesse relazioni tra arte, bellezza, religione, scienza, vita e morte. Con i suoi lavori - tra cui l’iconico squalo in formaldeide The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living (1991) e For the Love of God (2007), calco in platino di un teschio tempestato di 8.601 purissimi diamanti – investiga e sfida le certezze del mondo contemporaneo, ed esamina tutte le incertezze insite nella natura dell’uomo.
Dal 1987 sono state organizzate in tutto il mondo oltre 90 mostre personali e ha partecipato a più di 300 mostre collettive. Nel 2012 la Tate Modern di Londra ha presentato una grande retrospettiva sul suo lavoro in concomitanza con le Olimpiadi Culturali. Le mostre personali di Hirst includono, tra le altre, il Qatar Museums Authority, ALRIWAQ Doha (2013-2014); Palazzo Vecchio, Firenze (2010); l’Oceanographic Museum, Monaco (2010); il Rijksmuseum, Amsterdam (2008); l’Astrup Fearnley Museet fur Moderne Kunst, Oslo (2005); il Museo Archeologico Nazionale, Napoli (2004); Palazzo Grassi e Punta della Dogana a Venezia (2017).
Nel 1995 vince il Turner Prize. Vive e lavora tra Londra, Devon e Gloucestershire.

In copertina: Daniel Hirst, Female Arcer, 2013. Bronzo, 128 x 89 x 29 cm