"Tra Vecchio e Nuovo Mondo" a Palazzo Barberini

"Tra Vecchio e Nuovo Mondo" a Palazzo Barberini

In mostra i pannelli restaurati dal Salotto delle sete dipinte

16 Giu 2022 > 24 Lug 2022
"Tra Vecchio e Nuovo Mondo" a Palazzo Barberini
Si inaugura il 16 giugno 2022 a Palazzo Barberini la mostra Tra Vecchio e Nuovo Mondo che presenta il restauro dei primi cinque pannelli del Salotto delle sete dell’Appartamento settecentesco di Palazzo Barberini, quattro sovrapporte e il panello del “pappagallo rosso”, che si potranno ammirare fino al 24 luglio. Il restauro  è stato realizzato grazie al finanziamento della Fondazione Paola Droghetti onlus per due borse di studio destinate a neolaureate dell’Istituto Centrale del Restauro

Il restauro, realizzato grazie al finanziamento della Fondazione Paola Droghetti onlus per due borse di studio in collaborazione con l’Istituto Centrale del Restauro, costituisce la prima fase del progetto di studio, restauro ed interpretazione dell’Appartamento di Cornelia Costanza Barberini, un magnifico e poco conosciuto esempio del gusto rococò a Roma. 

Il Salotto delle sete, uno degli ambienti dell'appartamento dell'ultima discendente del casato, la principessa Cornelia Costanza (1716-1797), straordinario esempio della sensibilità estetica del XVIII secolo, è situato al secondo piano del Palazzo ed è interamente rivestito da pannelli in raso di seta dipinta, un materiale particolarmente esposto all'usura del tempo. Si tratta di un ambiente intimo, un cabinet destinato alle conversazioni private, molto originale grazie alle rarissime scene raffigurate sulle sete, dedicate alla vita e ai costumi dei Nativi americani, un unicum nel panorama romano. 

Sulle sete di Palazzo Barberini l'America è presentata come un Paradiso terrestre, con terre fertili, mari pescosi e una vegetazione lussureggiante. Gli abitanti sono raffigurati come un popolo industrioso, di cui si mette in rilievo l’ingegnosità tecnica nel coltivare la terra, pescare, cucinare e navigare. Nei sovrapporta, i Nativi sono ritratti seminudi, coperti da piume o tuniche corte come antichi romani, secondo codici comprensibili agli occhi degli europei. Vi sono illustrati i metodi di pesca con ostacoli e trappole fatte di canne e pali per catturare i pesci e le anatre, oppure con pali taglienti adoperati dalle imbarcazioni, o ancora con l’antica tecnica di pesca col pellicano. 

Il restauro di questi primi cinque pannelli è stato anche occasione per uno studio approfondito della tecnica di esecuzione dei materiali. Le accurate analisi biologiche della fibra e le analisi chimiche, hanno rivelato la natura del materiale: "un tessuto in seta fine di raso o satin, di colore chiaro, lucido, liscio ed uniforme, non presenta una vera e propria preparazione. Gli strati pittorici sono costituiti da pigmenti stesi direttamente sul tessuto per velature sovrapposte con un effetto acquarellato, altre volte con pennellate più corpose, come nell’uccello rosso, arricchito con piccoli tocchi d’oro".

Nel pannello del pappagallo rosso: "i colori principali di origine vegetale sono il blu indaco, presente nella finta cornice dorata e nei fiori, e il pigmento rosso dei fiori detto “brasiliana”, mentre gli altri pigmenti sono di origine minerale. Il rosso luminoso degli uccelli è cinabro (solfuro di mercurio rosso), il blu della cornice è smaltino, il verde del paesaggio è malachite; la doratura della finta cornice è stata eseguita a missione con un olio-resina e un siccativo a base di piombo su cui è stata applicata una lamina d’oro contenete impurezze di argento e rame".

Nei pannelli delle sovrapporte: "per l’uso del rosso è stato usato ocra addizionata a lacca rossa; i verdi sono composti da malachite o resinato di rame; il pigmento blu dei gonnellini è blu oltremare. L’uso di numerose varietà di pigmenti e l’impiego delle lacche è indice di una pittura molto ricca e variegata". 

Le operazioni di restauro hanno riguardato il supporto con il consolidamento e la riadesione  della seta e il risarcimento delle parti mancanti, la pulitura degli strati superficiali con l’utilizzo di una metodologia che impedisse una eccessiva penetrazione delle sostanze pulenti, evitando l’azione meccanica che avrebbe sfibrato ulteriormente il supporto serico e infine la presentazione estetica, equilibrando le interferenze maggiori della seta, senza poter ripristinare totalmente l’equilibrio cromatico originale ormai compromesso ed alterato dall’azione combinata dei vari fattori di degrado. 

Sito della Fondazione Paola Droghetti Onlus