Giampaolo Azzoni. Oltrepassamento della metafisica

Heidegger nel pensiero di Severino

Giampaolo Azzoni, intervistato in occasione del congresso internazionale Heidegger nel pensiero di Severino. Metafisica, Religione, Politica, Economia, Arte, Tecnica, che si è tenuto dal 13 al 15 giugno a Brescia,illustra i punti essenziali della sua relazione, di cui pubblichiamo di seguito il testo dell'abstract.

Friedrich-Wilhelm von Herrmann e Francesco Alfieri hanno scoperto tre appunti di Martin Heidegger su Emanuele Severino. In due di essi, risalenti al 1958, il termine-chiave è ‘Überwindung’ (espressione che è per lo più resa in italiano con ‘oltrepassamento’). Siamo in presenza di uno tra i concetti fondamentali e relativamente più costanti dell’opera di Heidegger e a cui è dedicato il titolo di una sua celebre silloge di riflessioni risalenti agli anni 1936-1946, ma pubblicata, nella sua forma finale, nel 1954, cioè pochi anni prima dei due appunti severiniani: Überwindung der Metaphysik, Oltrepassamento della metafisica. In particolare, nel primo dei due appunti, su cui mi vorrei soffermare, Heidegger afferma che “La via verso un oltrepassamento della metafisica significa un restarvi dentro”; e, a supporto di tale tesi, Heidegger pone, tra parentesi, la citazione di Severino: “Severino über die Metaphysik”.
Dunque, l’oltrepassamento della metafisica sarebbe in realtà un permanervi. Tale pensiero, solo apparentemente contraddittorio, accompagna l’intera riflessione di Heidegger attraverso uno sviluppo teoretico marcato da quattro diversi termini da egli utilizzati per indicare l’oltrepassamento in riferimento alla metafisica: ‘Destruktion’, ‘Überwindung’, ‘Verwindung’ e ‘Schritt-zurück’.
Così già nel §6 di Sein und Zeit, si legge che la Destruktion della metafisica implica “sciogliere le calcificazioni della tradizione e staccare le velature depositatevi nel tempo”, “per tornare alle esperienze originarie nelle quali furono acquisite le prime, poi diventate dominanti, determinazioni dell’essere”; “estraneo a questa Destruktion è il senso negativo di un volersi scrollare di dosso la tradizione ontologica”, al contrario, la Destruktion “intende riportare la tradizione ontologica alle sue possibilità positive”.
Proprio per accentuare l’esito positivo dell’oltrepassamento della metafisica, Heidegger proporrà il termine ‘Verwindung’ (per lo più tradotto con ‘superamento’) contrapponendolo a ‘Überwindung’ (che, a questo punto, indica solo il momento iniziale, negativo, dell’oltrepassamento). Così nel saggio in onore di Ernst Jünger del 1955, poi successivamente pubblicato con il titolo Zur Seinsfrage, scrive che il “superamento [Verwindung] della metafisica assume dapprima l’aspetto di un oltrepassamento [Überwindung]”, ma “nel superamento [Verwindung] la verità permanente [die bleibende Wahrheit] della metafisica apparentemente rifiutata fa propriamente il suo ritorno come essenza ormai appropriata di essa”. (Incidentalmente, è da notare che nel sintagma ‘die bleibende Wahrheit’ ricorre il medesimo verbo, bleiben, dell’appunto su Severino che qui si commenta e che indicava il rimanere dentro, il permanere nella metafisica.) In quanto Heidegger distingue tra ‘Über-windung’ e ‘Verwindung’, egli può scrivere che la “Überwindung del nichilismo” “poggia sulla Verwindung della metafisica”.
Il modo con cui Heidegger caratterizza il superamento [Verwindung] della metafisica evoca imme-diatamente l’Aufhebung hegeliana e proprio per staccarsi da tale concetto, Heidegger in Die onto-theo-logische Verfassung der Metaphysik (1956-1957) introduce il termine ‘Schritt-zurück’, passo indietro: “Per Hegel il colloquio con la storia della filosofia precedente ha il carattere dell’Aufhebung, cioè del comprendere concettualmente e mediatamente nel senso della fondazione assoluta. Per noi il carattere del colloquio con la storia del pensiero non è più l’Aufhebung, ma lo Schritt-zurück. […] Lo Schritt-zurück indica l’ambito finora trascurato a partire dal quale soltanto l’essenza della verità diventa degna di essere pensata”.
È da notare che il giudizio sulla metafisica, nell’angolatura del suo superamento, è significativamente (e coerentemente) analogo al giudizio sulla tecnica che della metafisica è compimento, in quanto essa chiude la fase del nichilismo e apre all’essere (il Gestell, la forma della tecnica, è in Heidegger pensato come “la figura estrema della storia della metafisica, cioè del destino dell’essere”).
Si ha in questo contesto (teoretico e temporale) l’affinità che Heidegger ritrova nel giovane Severino: un’affinità che, utilizzando le categorie di Heidegger, ci può sorprendere dal punto di vista della Historie, ma non da quello della Geschichte. Citando “Severino über die Metaphysik”, Heidegger si riferisce con tutta probabilità alla sua tesi di laurea, intitolata Heidegger e la metafisica e pubblicata nel 1950. Come infatti ricorda lo stesso Severino, nell’occasione della ripubblicazione dell’opera nel 1994, egli “intendeva mostrare che l’apertura della filosofia contemporanea alla metafisica classica trovava la propria espressione più concreta e sviluppata nel pensiero di Heidegger”. In questa prospettiva, l’oltrepassamento della metafisica si configurava come un ritorno ad essa; dunque in un senso diametralmente opposto alla “Überwindung der Metaphysik” di cui aveva scritto, in un celebre articolo del 1931, Rudolf Carnap (autore peraltro importante nel pensiero di Severino e da egli ampiamente tradotto).
Severino si rifà alla conferenza del 1930 (ma pubblicata solo nel 1943) Vom Wesen der Wahrheit, da egli allora conosciuta nella traduzione francese del 1948, dove nella nota finale Heidegger utilizza l’espressione “oltrepassamento [Überwindung] della metafisica” (nella traduzione francese: “dépassement de la métaphysique”), ma Severino si rifà direttamente anche a Brief über den “Humanismus”, utilizzato nella prima edizione del 1947, dove la questione della “Überwindung der Metaphysik” ha un ruolo centrale. Così molto efficacemente Severino riassumeva il pensiero di Heidegger sul punto: “l’oltrepassamento della metafisica non significa affatto la sua soppressione e ancor meno la sua distruzione … ma sarebbe per contro ben possibile che l’essenza della metafisica, in seguito al ritorno al fondamento, venisse a cambiare, senza che la metafisica stessa sparisse”. Il giovane Severino si differenziava da Heidegger non tanto nel senso teoretico della sua tesi (per entrambi l’“andare oltre” è in realtà un “ritornare oltre”), quanto nell’indicazione di quale metafisica si sarebbe data con l’oltrepassamento: mentre Heidegger, come ha messo in evidenza Friedrich-Wilhelm von Herrmann, indicava prima una “nuova metafisica” e quindi una “altra metafisica”, Severino indicava una rinnovata metafisica classica “da tenere accuratamente distinta dalla metafisica razionalistica prekantiana e che nella sistemazione tomista raggiunge la sua forma più completa”.
Si tratta di posizioni che Severino avrebbe poi oltrepassato.

Ciò che ancora non può che colpire è la straordinaria capacità ermeneutica del giovane Severino che, seppure sulla base di un corpus di testi necessariamente limitati e in gran parte non ancora tradotti in italiano, ha saputo per via di inferenza teoretica individuare caratteristiche centrali dell’intera opera di Heidegger (e che l’avrebbero caratterizzata anche dopo il 1950), tanto da suscitare l’interesse del filosofo di Meßkirch, ormai allora riconosciuto gigante del pensiero occidentale.


Giampaolo Azzoni, giurista e filosofo italiano, è docente di Teoria generale del diritto, di Biodiritto e di Diritto e Letteratura presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Pavia e di Relazioni pubbliche presso il Corso di laurea magistrale in Comunicazione professionale e multi-medialità,