Sergio Givone. La domanda fondamentale

Per un confronto tra Severino e Heidegger

Sergio Givone, intervistato in occasione del congresso internazionale Heidegger nel pensiero di Severino. Metafisica, Religione, Politica, Economia, Arte, Tecnica, che si è tenuto dal 13 al 15 giugno a Brescia, illustra i punti essenziali della sua relazione, di cui pubblichiamo di seguito il testo dell’abstract. 

Perfetto banco di prova per un confronto Severino-Heidegger che miri a mettere in luce qualcosa di dirimente e decisivo per il loro pensiero e prima ancora per le sorti del pensiero in genere, è la domanda fondamentale, la Grundfrage - quella Grundfrage che Leibniz da una parte e Schelling dall’altra avevano rimesso al centro della filosofia moderna, e che secondo Heidegger lui solo nell’epoca dell’estremo tramonto e non Leibniz e neppure Schelling avrebbe osato riproporre in tutta la sua portata, mentre per Severino non sarebbe affatto necessario attendere Leibniz né tantomeno Schelling considerando che quella domanda è inscritta nel pensiero dell’Occidente fin dal suo albeggiare.


Benché riaffiori in diversi snodi e passaggi cruciali dei loro scritti, la Grundfrage per quel che riguarda Heidegger ha il suo luogo deputato nella celebre prolusione del ‘29 Was ist Metaphysik, così come in Severino luogo esemplare è il capitolo III de La struttura originaria (1958). Senza dimenticate, naturalmente, che la domanda fondamentale è l’ospite inquietante degli scritti heideggeriani successivi alla famosa “svolta”, cominciando da quelli poi raccolti in Wegmarken. Lo stesso vale per gli scritti severiniani cresciuti sul terreno, come lui stesso dice, da cui tutti “ricevono il senso che è loro proprio” e cioè l’opera del ’58. In una prospettiva assai diversa, tuttavia. Se Heidegger dopo Was ist Metphysik ripeterà sempre più gravemente e quasi ossessivamene che la domanda fondamentale non ha ancora trovato un’adeguata formulazione in quanto l’impresa scientifica e la conseguente identificazione di scienza e tecnica sono basate precisamente sulla rimozione del nulla, e sulla convinzione che pensabile vale a dire calcolabile è l’ente, è la realtà, in senso analogo ma contrario Severino assumerà con implacabile fermezza che la domanda fondamentale è già da sempre superata e resa inattuale dalla sola attualità possibile, l’attualità dell’eterno, l’attualità dispiegata della verità essere, tant’è vero che soffermarsi presso di essa può significare soltanto aver imboccato il sentiero dell’errore e più precisamente della follia.


Sergio Givone è professore di Estetica presso l’Università di Firenze. A partire da un’originale interpretazione della lezione ermeneutica ed esistenzialista (soprattutto di Nietzsche, Heidegger e Pareyson), si è occupato della ridefinizione di alcune fondamentali categorie del pensiero filosofico del Novecento, tra cui l’idea di “tragico” e i concetti di eros e nichilismo. Tra i suoi libri: Disincanto del mondo e pensiero tragico (Milano 1988); Storia del nulla (Roma-Bari 1995); Favola delle cose ultime (Torino 1998); Eros/Ethos (Torino 2000); Nel nome di un dio barbaro (Torino 2002); Prima lezione di estetica (Roma-Bari 2003); Il bibliotecario di Leibniz. Filosofia e romanzo (Torino 2005); Non c’è più tempo (Torino 2008); Storia dell’estetica (Roma-Bari 2008); Il bene di vivere (a cura di F. Nodari, Brescia 2011).