Benedetto Croce. La «patologia dello spirito»

Domenico Conte

Nel video il professor Domenico Conte, intervistato a Napoli nella sede della Società Nazionale di Scienze, Lettere e Arti, parla del filosofo Benedetto Croce (Pescasseroli, 1866 - Napoli, 1952) , grande protagonista della vita culturale, politica ed etico-politica d’Italia fra Otto e Novecento. 

Croce ha un profilo multiforme, erudito, critico della letteratura, storico e filosofo. In pochi anni, dal 1925 al 1932, scrive la sua «tetralogia storica», avendo avvertito il bisogno di una ricostruzione storica dopo l’avvento del fascismo: Storia del Regno di Napoli, Storia d’Italia dal 1871 al 1915, Storia dell’età barocca in Italia e Storia d’Europa nel secolo decimonono

Croce fu sempre convinto della grandezza d’Europa, dell’eccellenza e del primato della storia europea: 

Nell’Europa si concentra la più ricca e nobile storia umana, l’Europa ha prodotto l’ideale libertà e ha tolto su di sé la missione della civiltà nel mondo tutto. 


Croce legge Il tramonto dell’Occidente di Spengler e ne scrive una celebre recensione nel 1920, che è distruttiva, perché mentre
Spengler pensa che le civiltà siano organismi, Croce sostiene che: 

La realtà è spiritualità e creatività, e non si lascia opprimere da concezioni naturalistiche, che si rivolgono sempre in fantastiche e pessimistiche.


L’Europa per Croce non deve necessariamente tramontare, perché non è un organismo, ma può tuttavia tramontare, per l’inadeguatezza delle sue classi dirigenti. 
Nel 1932 Croce recensisce anche una conferenza di Spengler sull’uomo e la tecnica, nella quale Spengler, che prima di Heidegger aveva fatto una riflessione sulla tecnica, definisce l’uomo come «animale da preda». Croce è irritato da questa definizione e ribatte che:

senza un’alta e piena coscienza dell’umanità, senza un robusto e delicato sentire morale non si fa filosofia della storia né storia dell’umanità.

La Storia d’Europa del 1932 è dedicata a Thomas Mann, che è un tedesco, in un momento storico in cui la Germania sta cambiando, tanto che 1936 Croce scrive La Germania che abbiamo amata, e che quindi non possiamo più amare perché sta pervertendo lo spirito europeo tanto da parlare di «patologia dello spirito». È come se un intero mondo si fosse ammalato. 

Croce che combatte Spengler è consapevole degli aspetti barbarici e della crisi della modernità, tanto che nel 1946 scrive un breve saggio intitolato La fine della civiltà, che parte dalla Ginestra di Leopardi, nel quale paragona la civiltà umana alla ginestra che può essere strappata via in qualsiasi momento da un evento avverso. 
Croce pensa ad una «seconda» barbarie che può essere una crisi “tecnica” e in una nota dei Taccuini dell’ottobre del 1939, confessa a se stesso di provare «tristezza per la situazione europea e per il torbido avvenire», chiedendosi quindi – con parole che vanno attentamente meditate – se sia possibile

che veramente torni la barbarie o che sia già tornata, e noi non la riconosciamo perché la pensiamo sempre sotto la figura di quella degli Unni o dei Germani, laddove ora i barbari, invece di cavalli e carri, corrono in auto e in velivoli e maneggiano gli strumenti della tecnica più industre.

 
È un mondo in cui si è perduto il centro e questa «perdita del centro» appare chiarissima nelle arti perché ci sono pittori che dipingono quadri dove la testa sta al posto dei piedi e i piedi al posto della testa. 
Ernesto De Martino, allievo “difficile” di Croce, scrive un libro che si chiama La fine del mondo in cui parla della crisi e dell’apocalisse della civiltà borghese. Una crisi mentale e spirituale, un’apocalisse “psicopatologica”, in un certo senso, quando al mattino ci si può risvegliare accorgendosi con stupore di essersi trasformato in un grosso insetto. 

Domenico Conte è professore ordinario di Storia della filosofia nel Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, dove attualmente insegna Filosofia e storia della cultura e coordina il Corso di dottorato in Scienze Filosofiche. È membro dell’Accademia Pontaniana e dell’Accademia di Scienze Morali e Politiche, di cui è stato per due mandati Presidente. È stato anche Presidente Generale della Società Nazionale di Scienze, Lettere e Arti in Napoli. Domenico Conte è studioso della storia della cultura italiana e tedesca fra Otto e Novecento. Fra le sue pubblicazioni si ricordano: Viandante nel Novecento. Thomas Mann e la storia (2019); Primitivismo e umanesimo notturno. Saggi su Thomas Mann (2013); Albe e tramonti d’Europa. Su Jünger e Spengler (2009); Storia universale e patologia dello spirito. Saggio su Croce (2005, trad. tedesca 2007), per il quale ha ricevuto il «Premio Federico Chabod» dell’Accademia dei Lincei; Introduzione a Spengler, 1997 (trad. tedesca 2004); Catene di civiltà. Studi su Spengler, 1994.