Carmine Di Martino. Tempo ed esistenza
Romanae Disputationes. Quid est tempus?
La fisica del XX secolo, prima con Einstein e poi con la meccanica quantistica, ha compiuto passi rivoluzionari, arrivando ad una radicale messa in questione del tempo newtoniao.
L’idea aristotelica del tempo aveva una sua verità: secondo Aristotele non vi è una realtà del tempo indipendente dalle cose che si muovono e tempo e movimento sono in rapporto necessario: il tempo misura il movimento ma anche il movimento misura il tempo e tutto questo è in rapporto all’anima, che non è l’unità di misura del tempo ma quel testimone che realizza la contabilità del movimento in cui secondo la concezione aristotelica consiste il tempo.
Oggi abbiamo un tempo contenitore in cui gli eventi accadono. Secondo il fisico Carlo Rovelli se dopo tanti secoli abbiamo capito che non era il cielo a ruotare intorno alla terra ma la terra a ruotare nel cielo e che eravamo noi a interpretare questo fenomeno al contrario, allora potrebbe essere che anche l’idea del tempo come flusso, che si è affermata fino ad oggi, sia un effetto di prospettiva, sia cioè legata alla particolare angolatura dalla quale vediamo l’universo. Questo pone il problema dell’oggettività della scienza.
Ma siamo noi il tempo? Alcuni grandi filosofi come Bergson, Husserl e Heidegger hanno messo in luce che il tempo è la stoffa dell’essere dell’uomo, che noi siamo tempo e non perché siamo nel tempo, ma perché siamo temporali nel nostro essere.Che la scienza aspiri all’oggettività è ovvio ma occorre considerare che l’esperienza è sempre fatta dall’interno e se applichiamo questa affermazione al problema del tempo allora forse non può esistere alcun fenomeno cosiddetto temporale senza quel noi, che è l’occhio, l’insieme delle prassi che noi mettiamo in campo quando parliamo del tempo.
Se non ci fossero memoria e aspettativa, riproduzione del ricordo e immaginazione, nemmeno noi potremmo raggiungere la nostra identità che ha una stoffa temporale, senza la sintesi temporale, di presente passato e futuro, senza il racconto e l’immaginazione forse noi non avremmo più un’identità.
Cosa vuol dire che siamo tempo? Il tempo è il dispiegamento della nostra vita noi siamo protesi in avanti, noi siamo affamati di futuro, di destino, di ulteriorità, ci temporalizziamo perché ci protendiamo verso qualcosa. Questa è la meraviglia e anche l’inquietudine del tempo.
Carmine Di Martino è professore ordinario di Filosofia morale presso il Dipartimento di Filosofia “Piero Martinetti” dell’Università degli Studi di Milano. I suoi interessi di ricerca si sono rivolti alla fenomenologia di Husserl, alla ontologia di Heidegger, alla filosofia francese contemporanea, al pragmatismo e alla antropologia filosofica. Tre le sue pubblicazioni recenti: Viventi umani e non umani. Tecnica, linguaggio, memoria (Milano 2017); Figure della relazione (Bari 2018); Il simbolismo e i suoi antecedenti (Bologna 2019); e, in qualità di curatore e contributore, Heidegger and Contemporary Philosophy (Berlin 2021).