Viola Ardone, Il treno dei bambini

Premio Wondy di letteratura resiliente

È Viola Ardone con il romanzo Il treno dei bambini (Einaudi), la vincitrice della quarta edizione del Premio Wondy di letteratura resiliente, annunciata il 5 ottobre al Teatro Manzoni di Milano nel corso della tradizionale serata di festa tra parole e musica che accompagna la premiazione, presentata da Paolo Kessisoglu. Presieduta da Umberto Ambrosoli e composta da Caterina Bonvicini, Luca Dini, Chiara Fenoglio, Alessia Gazzola, Loredana Lipperini, Emanuele Nenna, Andrea Pomella, Alessandro Robecchi e Gianni Turchetta, la giuria tecnica così si è espressa nella motivazione:

Il treno dei bambini di Viola Ardone è un romanzo che unisce una narrazione serrata e coinvolgente a uno stile carico di intensità e insieme di misura, che sa commuovere, ma anche evitare ogni facile patetismo. Basato su una vicenda vera, la reinventa in profondità, grazie anzitutto alla scelta di costruire un narratore protagonista, che racconta al presente: una scelta tecnica non facile, che Ardone persegue con naturalezza, realizzando un’efficace miscela di italiano colloquiale e dialetto napoletano. Il napoletano penetra in ogni angolo del discorso narrativo, e fa tutt’uno con la rappresentazione di una Napoli durissima e umanissima, chiave di volta di un sofferto processo identitario.



Nel dopoguerra diverse famiglie comuniste del Nord aderirono a un piano per accogliere temporaneamente nelle loro case bambini del Sud provati dalla fame e dalla povertà. Il treno dei bambini di Viola Ardone (Einaudi) dà voce a uno di quei bambini. Amerigo, che ha quasi otto anni, vive a Napoli con la madre Antonietta Speranza e sogna un paio di scarpe tutto suo (ha sempre avuto solo scarpe usate). Quando sente parlare di un possibile trasferimento al Nord per l’inverno la sua reazione oscilla dalla curiosità alla paura (c’è chi dice il treno porterà i ragazzini in Russia a lavorare). Derna, una funzionaria di partito, lo accoglie amorevolmente e così Rosa, sua cugina, che vive in campagna e ha tre figli che si chiamano Rivo, Luzio e Nario. Il marito di Rosa, Alcide accorda strumenti musicali e, scoperta la passione di Amerigo per la musica, gli procura un maestro, e gli regala un violino. Il ritorno a Napoli sei mesi dopo rappresenta per Amerigo la fine di un sogno, niente più scuola, niente più musica: l’avvenire che sua madre vede per lui è nella bottega del solachianiello (il ciabattino). Amerigo non ci sta, ma la scelta che si trova ad affrontare troppo presto e da solo pregiudicherà il suo equilibrio mentale, la sua capacità di star bene con sé stesso.

Lo sa lei qual è il bene mio? Nessuno lo sa. E se il bene mio era restare là sopra, come ha fatto Mariuccia, e non tornare più? E se era non partire proprio e rimanere qua, a casa mia? E se era imparare la musica e suonare dentro al teatro? Vorrei dire tutte queste cose, ma l’unica che mi viene in mente è il violino mio, con il mio nome nella custodia, che non avrò mai più.

 
Viola Ardone, nata a Napoli nel 1974, ha lavorato nel campo dell’editoria scolastica e attualmente insegna italiano e latino al liceo. Ha pubblicato per Salani i romanzi La ricetta del cuore in subbuglio (2012) e Una rivoluzione sentimentale (2016). È autrice del racconto in rima, Cyrano dal naso strano (Albe 2017), illustrato dalle tavole di Luca Dalisi. Nell’ambito del laboratorio di scrittura nell’Istituto penale minorile di Nisida, ha pubblicato racconti nelle raccolte: La grammatica di Nisida (2013), Parole come pane (2014), Fuori (2015), Le parole felici (2016), La Carta e la vita (2017) e il romanzo L’ultima prova (2018) con il collettivo di scrittura dei Nisidiani