Marilù Oliva, Biancaneve nel Novecento

Due maternità dolorose

Bianca cresce in una bolla con l’amatissimo padre, mentre la madre è distante perché fa la venditrice ambulante, perché beve troppo, perché con la figlia vuole avere a che fare meno possibile. Il padre si ammala e muore e per Bianca comincia un lungo periodo di sbandamento che coincide con l’adolescenza e la prima giovinezza. In Biancaneve nel Novecento (Solferino), ambientato nella Bologna degli anni ottanta e novanta e nel campo di concentramento di Buchenwald, Marilù Oliva racconta due storie in prima persona: quella di Bianca, del contrasto con sua madre Candi, dei suoi primi amori e delle sue delusioni, e quella di Lili, una vecchia signora che dalla sua casa romana rievoca la propria deportazione e il periodo passato nel bordello del campo di concentramento. Nel finale le sorti delle due protagoniste si riuniscono, chiarendo i contorni di una riflessione sul rapporto madre/figlia che s’inscrive all’interno di un preciso momento storico, il Novecento evocato nel titolo.

Non sapevo esattamente cosa significasse il termine matrigna e lo avevo interpretato così: matrigna è una mamma bellissima, vanitosa e cattiva che non desidera la propria figlia, soprattutto se questa si chiama Bianca e la pelle chiara e le labbra rosse. Matrigna è una mamma che se ne sta intenta ai fatti suoi e non vuole un granché bene a chi vive con lei  e poco importa se il suo castello è fatiscente.


Marilù Oliva, nata a Bologna, è scrittrice, saggista e docente di lettere. Ha scritto due thriller e romanzi a sfondo giallo e noir. Nel 2019 ha co-curato per Zanichelli un'antologia sui Promessi Sposi e ha realizzato due antologie patrocinate da Telefono Rosa. Collabora con diverse riviste ed è caporedattrice del blog letterario Libroguerriero. Per Solferino è uscita L'Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre, una riscrittura in chiave femminile del poema omerico.