Bruno Arpaia, Il fantasma dei fatti

All'inizio degli anni sessanta in Italia

Si articola su due piani il romanzo di Bruno Arpaia, Il fantasma dei fatti, pubblicato da Guanda. Da una parte c’è lo stesso Arpaia, che decide di indagare su una serie di accadimenti dell’inizio degli anni sessanta - la morte in un incidente stradale di Mario Tchou, il più importante collaboratore di Adriano Olivetti per lo sviluppo di un calcolatore italiano, l’esplosione dell'aereo di Enrico Mattei, il fondatore di Eni, le condanne di Felice Ippolito, segretario del CNEN e sostenitore del nucleare, e di Domenico Marotta, direttore dell’Istituto Superiore di Sanità - tutti fatti che ostacolarono lo sviluppo tecnologico e industriale del nostro paese; dall’altra si salta al 1978 in Canada e si descrivono le ultime ore di vita di Thomas Karamessines, direttore della Cia a Roma dal 1959 al 1963. Arpaia immagina che a casa di Karamessines, il giorno prima dell’audizione sull’omicidio Kennedy, si presentino due agenti, George, e un suo collega più giovane, che racconta in prima persona quello che l'uomo ha dire sull'agenzia di spionaggio per la quale ha svolto un ruolo di primo piano. La Cia, che in quegli anni in Italia riempiva di soldi i democristiani per scongiurare il pericolo rosso (mentre in Cile organizzava il colpo di stato contro Allende e in Bolivia l’uccisione di Che Guevara) era interessata a eliminare Mattei o lo proteggeva dagli inglesi? A incastrare e far andare in prigione Ippolito e Marotta è stata l’incompetenza e l’ignoranza di politici, magistrati, giornalisti o dietro l’uscita di scena di due scienziati illuminati c’è stato un complotto internazionale? Il fantasma dei fatti non cerca una spiegazione univoca, non è un libro complottista, solleva domande, e all’investigazione e alla narrazione accosta la cronaca della stesura del libro stesso, ostacolata dalla mancanza di tempo dello scrittore, oltre che dalla nebulosità della materia. Un romanzo avvincente e un ritratto raggelante di un Paese che in un momento cruciale ha smarrito sé stesso. 

Ci piace immaginare dovunque trame e intrighi, cospirazioni e congiure. Un conto, però, è rimanere preda della fascinazione dell’ordine e della necessità, ostinarsi in buona fede a credere che il caso non può regolare le nostre vite; un altro paio di maniche, invece, è voler forzare la realtà affinché non appaia più complessa e confusa, ma perfettamente chiara e leggibile, oppure peggio ancora, insinuare sospetti e manipolare dati, perfino in buona fede, per far tornare i propri conti, per sostenere contro venti e maree le nostre tesi. 


Bruno Arpaia è nato nel 1957 a Ottaviano, in provincia di Napoli. Romanziere, giornalista, consulente editoriale e traduttore di letteratura spagnola e latinoamericana, per Guanda ha pubblicato: Tempo perso (Premio Hammett Italia 1997), L’angelo della storia (Premio Selezione Campiello 2001, Premio Alassio Centolibri – Un autore per l’Europa 2001), Il passato davanti a noi (Premio Napoli e Premio Letterario Giovanni Comisso 2006), Per una sinistra reazionaria, L’energia del vuoto (finalista al Premio Strega 2011 e vincitore del Premio Merck Serono), La cultura si mangia!, con Pietro Greco, L’avventura di scrivere romanzi, con Javier Cercas, Prima della battaglia, Qualcosa, là fuori, oltre a una conversazione con Luis Sepúlveda, Raccontare, resistere