Christophe Palomar, Bianca è la città

Riconoscersi in Trieste

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        Trieste è città letteraria per eccellenza: nel libro di Christophe Palomar, Bianca è la città, pubblicato da Castelvecchi, viene raccontata nelle quattro stagioni a partire dalla primavera. Il punto di vista è quello di un alto dirigente d'azienda abituato a viaggiare e a passare da un albergo all'altro che ha preso in affitto una casa e si stupisce di questa nuova aspirazione alla stanzialità. Sono molte le definizioni che l'io narrante di questo libro dà di Trieste, “città devota all’ozio e alla nostalgia”, “sarcofago a cielo aperto”, “città banderuola”: su tutto domina uno stupore devoto, una forma di rispecchiamento (“comincio a somigliare a questa città”). 

        Prima di Trieste mi sentivo spaesato ovunque. Ora mi sento riconciliato con il mondo. Più che altro mi sento riconciliato con me stesso. Nessuna città mi ha dato tanto. Per amare seriamente occorre congedarsi dal mondo. Anche per scrivere seriamente occorre congedarsi dal mondo. Da quando ho ripreso a scrivere accetto di essere l'uomo che sono.


        Christophe Palomar, nato in Alsazia da padre italiano e madre spagnola, cresce a Tunisi. Studia alla HEC di Parigi e all’Università Bocconi di Milano prima di intraprendere la carriera di manager. Dopo l'esordio con Frieda (Ponte alle Grazie, 2020) divide il suo tempo fra letteratura, coaching e consulenza aziendale.
         

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