"Le segrete ragioni di ciò che vi appare"

Vita e opere di Ludwig van Beethoven

In linea maschile, tutti musicisti i van Beethoven. Nessuno, però, neppure lontanamente prossimo alla grandezza che avrebbe espresso Ludwig. L’omonimo nonno arriva a Bonn, dalle terre fiamminghe, nel 1732. È violinista e cantore nel coro dell’arcivescovo elettore di Colonia, che ha sede nella città renana. In seguito, nel 1761, ne diverrà vice Kappelmeister. Il padre, Johann, è tenore nello stesso coro. È un uomo rude, alcolista, e, alla morte di Ludwig senior, condurrà la famiglia verso un penoso declino. Cerca di sfruttare le inclinazioni musicali del figlio, facendolo esibire, a partire dal 1778, come fanciullo prodigio. È lui, assieme ad altri colleghi di modesta levatura, ad impartire le prime, estenuanti lezioni di pianoforte, organo, viola e violino al giovanissimo Ludwig. Ed è lui a condannarlo a un’infanzia infelice e disagiata. La madre è Magdalena Kewerich, che, oltre a Ludwig, nato nel 1770, mette al mondo altri cinque figli, dei quali solamente due sopravviveranno: Kaspar Carl e Johann.
Il primo dei veri maestri di Beethoven è Christian Gottlob Neefe, che arriva a Bonn nel 1779 per occupare il posto di organista di corte. Neefe ha le capacità e l’esperienza che gli consentono di intuire se un giovane abbia o no talento e prende a cuore la formazione di Ludwig, trasmettendogli anche una decisa predilezione per Johann Sebastian Bach e per uno dei suoi figli, Carl Philipp Emanuel. Nel 1783, segnala Beethoven - che ha appena tredici anni - alla rivista “Magazin der Musik”, che pubblica un articolo in cui viene lodata la sua sorprendente velocità nella lettura della musica e l’abilità nell’eseguire il Clavicembalo ben temperato, la raccolta di preludi e fughe per strumento a tastiera composta da Bach proprio "per utilità ed uso della gioventù musicale avida di apprendere, ed anche per passatempo di coloro che in questo studio siano già provetti". La rivista presenta anche la prima composizione di Beethoven a noi nota, le nove Variazioni Dressler per pianoforte. Ancora nel 1783, e di nuovo grazie all’interessamento di Neefe, Beethoven ottiene l’incarico di cembalista nell’orchestra del teatro di corte, dedica tre Sonate per pianoforte all’elettore Maximilian Friedrich ed è protagonista di una piccola tournée in Olanda.

Nel 1784, nella vita di Beethoven entra un’altra figura determinante: Maximilian Franz, figlio non ancora ventenne di Maria Teresa, fratello dell’imperatore austriaco Giuseppe II e di Maria Antonietta, regina di Francia. Il giovane elettore arcivescovo è un deciso riformatore, incoraggia la diffusione di nuove idee, trasforma la locale Accademia in una vera e propria Università. È per volere di Maximilian Franz che Beethoven diventa secondo organista di corte, ed è dietro suo consiglio che, nel 1787, parte per Vienna per approfondire la propria formazione. Il primo soggiorno nella “capitale musicale” d’Europa dura pochissimo, però. Ludwig è costretto a tornare a Bonn a causa delle cattive condizioni di salute della madre, che muore lo stesso anno. A diciannove anni, con un padre sempre meno affidabile, Beethoven è, di fatto, il capofamiglia. Per sostenere l’onere economico di questa responsabilità, il giovane si divide tra gli incarichi nell’orchestra teatrale, della quale, ora, è anche violista, e l’insegnamento della musica: presso la famiglia del defunto cancelliere von Breuning, oltre ad impartire lezioni a due dei quattro figli, trova un ambiente culturalmente favorevole e affettivamente accogliente.

La musicologia ha tentato ripetutamente di tracciare un collegamento tra le difficoltà pratiche nella vita di Beethoven […] e la sua musica. Un esercizio a cui […] si è dedicata anche la psicoanalisi: la «lotta contro il destino» sarebbe la lotta di Beethoven stesso contro le avversità, il «passaggio dall’ombra alla luce» il passaggio idealizzato che il compositore effettua tramite la propria musica, la volontà di «abbracciare il mondo intero» la volontà di trovare quell’affetto che la famiglia, in particolare il padre alcolizzato ma anche i due fratelli, non era stata in grado di dargli. La musica, in altri termini, risolveva tutti i conflitti e le contraddizioni che la vita del compositore lasciava aperti, dalle difficoltà e la mancanza di affetto della sua gioventù alla mancanza di un legame affettivo stabile
Giovanni Bietti, compositore e musicologo

Nel 1790, Beethoven compone la Cantata per la morte dell’Imperatore Giuseppe II e la Cantata per l’elevazione al trono imperiale di Leopoldo II, e conosce Franz Joseph Haydn, di passaggio a Bonn. Haydn, ormai prossimo ai sessant’anni, ha modo di apprezzare le doti del giovane e gli promette un futuro di attenzioni, ma tutto si risolverà in un breve discepolato a Vienna, quando, nel 1792, Beethoven riuscirà, finalmente, a farvi ritorno. A favorire il nuovo trasferimento sono Maximilian Franz, la vedova von Breuning e il conte Ferdinand Ernst Gabriel von Waldstein, mecenate, membro dell'Ordine teutonico. Stavolta, la scelta è definitiva, anche perché il mondo di Bonn che Beethoven si lascia alle spalle sta gradualmente tramontando: il 18 dicembre di quello stesso anno, muore il padre e, nel 1794, la Renania viene occupata dalle truppe rivoluzionarie francesi: Maximilian Franz è costretto alla fuga, l’elettorato di Colonia viene sciolto. Anche Kaspar Karl e Johann lasciano Bonn per raggiungere il fratello (1795).
È a Vienna, che, con Beethoven, si compie, progressivamente, l’affrancamento della figura del musicista dall’arbitraria – e spesso temporanea - munificenza delle corti aristocratiche. È con lui che nasce il musicista “imprenditore di sé stesso”, accreditato anche presso le famiglie dell’alta borghesia.

Con l’indipendenza della vita egli mutò la condizione sociale del musicista, rifiutando di essere, come i suoi predecessori, il famiglio o il cliente d’una casa gentilizia; con l’arte, egli diede un nuovo significato sociale alla musica sinfonica e strumentale, che strappò dall’ambiente chiuso delle accademie aristocratiche, e divulgò in quel ceto borghese che stava per ereditare la condotta del mondo
Massimo Mila, musicologo

Grazie anche all’intercessione di Waldstein, l'ambiente viennese accoglie favorevolmente Beethoven: i principi Lobkowitz e Lichnowsky, i von Browne, il conte Rasumowsky gli mostrano immediatamente interesse e simpatia e lo ricercano per le loro serate; Lichnowsky gli offre anche ospitalità.

Intanto, Beethoven approfondisce gli studi: dapprima, e per breve tempo, con Haydn, poi con Johann Georg Albrechtsberger (contrappunto e armonia) e, quasi certamente, con Antonio Salieri. Il 29 marzo 1795, si esibisce pubblicamente, per la prima volta, a Vienna, suonando un Concerto per pianoforte (del quale è incerta l’identificazione) nel teatro della Hofburg. Due giorni dopo, nel corso dell’intervallo di una rappresentazione della Clemenza di Tito di Mozart, esegue il Concerto in re minore (K. 466) dello stesso Maestro salisburghese. Nello stesso anno, inizia anche la pubblicazione delle sue musiche presso l’editore Artaria con i tre Trii per archi e pianoforte (op. 1), dedicati al principe Lichnowsky, mentre il 1796 è l’anno di una lunga tournée a Praga, Dresda e Berlino, ricca di successi artistici ed economici, cui seguono, nei due anni immediatamente successivi, le pubblicazioni delle Tre Sonate per pianoforte, op 10 e della Sonata per pianoforte, op. 13 ( Patetica). Soprattutto, però, nel 1798, si manifestano con maggiore veemenza i sintomi della sordità.

Di pari passo con la fama di compositore e pianista, procede quella di insegnante. Nel 1799, dalla Slovacchia arriva a Vienna la famiglia von Brunswick: madre (vedova) e le due figlie, Therese e Josephine. A loro si aggiunge la cugina delle due ragazze, Giulietta Guicciardi, giunta da Trieste. Le tre ragazze prendono lezioni di musica da Beethoven e ne restano affascinate. A Giulietta è dedicata la Sonata op. 27 (1801), che, dopo la morte del compositore, prenderà il titolo di Al chiaro di luna, ma, probabilmente, è Josephine l’«Amata Immortale» - sebbene, in seguito, sarà Therese ad avocare a sé quell’appellativo - di tre celebri lettere scritte da Beethoven tra il 6 e il 7 luglio del 1812, dalle Terme di Teplitz in Boemia.

[…] i miei pensieri volano a te, mia Amata Immortale, ora lieti, ora tristi, aspettando di sapere se il destino esaudirà i nostri voti — posso vivere soltanto e unicamente con te, oppure non vivere più — Sì, sono deciso ad andare errando lontano da te finché non potrò far volare la mia anima avvinta alla tua nel regno dello spirito — […] Il tuo amore mi rende il più felice e insieme il più infelice degli uomini […] amami — oggi — ieri — che desiderio struggente di te — te — te — vita mia — mio tutto — addio. — Oh continua ad amarmi — non giudicare mai male il cuore fedelissimo del tuo amato. Sempre tuo Sempre mia Sempre nostri
L.

L’anno della consacrazione di Beethoven tra gli astri musicali viennesi è il 1800. Il 2 aprile, al Burgtheater, si tiene un concerto destinato ad entrare negli annali della storia della musica. Il primo brano ad essere eseguito è una sinfonia di Mozart (mai individuata con certezza); il secondo è una parte della Creazione di Haydn, quasi settantenne e ancora artisticamente incisivo, senza dubbio il più autorevole dei musicisti viennesi dopo la morte di Mozart (1791); il terzo e il quarto sono di Beethoven: la Sinfonia n. 1 e il Settimino (op. 20), intrattenimento per violino, viola, violoncello, contrabbasso, clarinetto, corno e fagotto. Il successo popolare è immediato.

La sordità di Beethoven si fa sempre più grave. Nel 1802, mentre si trova nel sobborgo termale di Vienna per cercare di curarla, scrive quello che passerà alla storia come il Testamento di Heiligenstadt. Il documento, però, sarà rinvenuto, assieme alle tre lettere all’«Amata Immortale», solamente qualche giorno dopo la morte del compositore. È indirizzato ai fratelli, coi quali ha un rapporto problematico, e dà voce alla sua segreta disperazione.

O voi, uomini che mi ritenete o mi fate passare per astioso, folle o misantropo, come mi fate torto! Voi ignorate le segrete ragioni di ciò che vi appare. Il mio cuore e il mio animo fin dall’infanzia erano inclini al delicato sentimento della benevolenza e sono sempre stato disposto a compiere azioni generose. Considerate, però, che da sei anni mi ha colpito un grave malanno peggiorato per colpa di medici incompetenti. […] Pur essendo di un temperamento ardente, vivace, e anzi sensibile alle attrattive della società, sono stato presto obbligato ad appartarmi, a trascorrere la mia vita in solitudine. E se talvolta ho deciso di non dare peso alla mia infermità, ahimè, con quanta crudeltà sono stato allora ricacciato indietro dalla triste, rinnovata esperienza della debolezza del mio udito. […] Tali esperienze mi hanno portato sull’orlo della disperazione e poco è mancato che non ponessi fine alla mia vita. La mia arte, soltanto essa mi ha trattenuto […]
Ludwig van Beethoven

Beethoven dovrà convivere col proprio segreto dolore ancora per venticinque anni. Anni ricchissimi di opere di rilevanza assoluta. In quello stesso e così doloroso 1802, porta a termine la Seconda Sinfonia; compone le tre Sonate per violino e pianoforte dell’op. 30 e quelle per pianoforte dell’op. 31; inizia il primo oratorio, Cristo sul Monte degli Ulivi, op. 85 e la Sonata in la maggiore per violino e pianoforte, op. 47, nota come Sonata a Kreutzer, che sarà eseguita, per la prima volta, il 24 maggio 1803.
 
Nel 1804, Napoleone Bonaparte s’incorona Imperatore dei Francesi. Per Beethoven, che ha appena portato a termine la Terza Sinfonia (op. 55), si tratta di una profonda delusione: è il tradimento degli ideali della Rivoluzione. Il musicista è un fervente repubblicano e la sinfonia, che avrebbe dovuto avere il titolo di Bonaparte, assume quello più indistinto di Eroica.

Il 20 novembre 1805, al Theater an der Wien, va in scena la prima di Leonora, che, in seguito (1814), intitolerà Fidelio, l’unica opera di Beethoven, su libretto di Joseph Ferdinand Sonnleithner, a casa del quale conosce Luigi Cherubini e Georg Joseph Vogler. La rappresentazione è un clamoroso insuccesso, che, però, non danneggia la fama di Beethoven, che si consolida con i capolavori degli anni successivi: le Trentadue Variazioni in do minore per pianoforte (1806); la Sonata per pianoforte in fa minore Appassionata, la Quarta Sinfonia, l’ouverture Coriolano (1807); i Tre Quartetti per archi op. 59, la Quinta Sinfonia, la Sesta Sinfonia Pastorale, alcune parti della Messa in do maggiore op. 86 e della Fantasia per pianoforte, coro e orchestra op. 80 (1808). I successi artistici, però, non vanno di pari passo con quelli economici. Nel 1806, ospite del principe Lichnowsky nel castello di Grätz, in Slesia, rifiuta l’invito del suo mecenate a suonare per le truppe francesi di occupazione e perde i 600 fiorini che ogni anno il principe gli versava.

Beethoven continua, però, a godere del sostegno di altri mecenati. Temendo che possa lasciare Vienna per un incarico di Kappelmeister a Kassel, nel 1809, l’arciduca Rodolfo II d’Austria e i principi Kinsky e Lobkowitz s’impegnano a versargli annualmente la somma di 4.000 fiorini, alla sola condizione che non lasci la capitale.

Il 1810 è foriero, per Beethoven, di relazioni nel mondo letterario. Stringe amicizia con Bettina Brentano, sorella di Clemens, scrittore e poeta, e lavora alle musiche di scena per l’Egmont di Goethe, mentre E. T. A. Hoffmann, già famoso per i suoi racconti fantastici, avendo ammirato la Quinta Sinfonia, fa conoscere la sua musica agli altri scrittori romantici.

La musica di Beethoven muove le leve del terrore, del brivido, del dolore, e appunto per questo suscita quel palpito d’infinita nostalgia che è l’essenza stessa del romanticismo
E. T. A. Hoffmann

È anche l’anno in cui Beethoven s’innamora della giovane Therese Malfatti, che vorrebbe sposare. Ma l’opposizione dei genitori della ragazza fa svanire il sogno. Per lei compone la celebre bagatella Per Elisa.
Nel 1811, pubblica la Sonata degli addii per pianoforte op. 81 e si profilano nuovi problemi finanziari. Una svalutazione monetaria decurta la sua rendita vitalizia, Lobkowitz sospende il pagamento e Kinsky muore l’anno successivo. Interviene, però, l’Arciduca Rodolfo, che aumenta la sua parte per compensare la svalutazione.
L’attività di compositore continua, comunque, irrefrenabile. Scrive le musiche di scena per II Re Stefano e per Le Rovine d’Atene di Kotzebue (1812); La vittoria di Wellington e la Settima Sinfonia (1813).

Intanto, il crollo della potenza napoleonica è avvenuto. Da novembre 1814 a giugno 1815, si svolge il Congresso di Vienna, con lo scopo di dare un nuovo assetto politico all’Europa. Prima che inizi, Beethoven ha già composto l’Ottava Sinfonia. II 29 novembre, in un concerto in onore dei monarchi e degli statisti che partecipano al Congresso vengono eseguiti La vittoria di Wellington, la Settima Sinfonia e, per la prima volta, la cantata Il glorioso momento op. 136.

Il Congresso di Vienna è terminato da poco, quando muore il fratello Kaspar Carl. Il nipote Karl, di sette anni, passa sotto la tutela del musicista, che deve affrontare, però, una spinosa e lunghissima disputa con la madre Johanna Reiss. Solamente nel 1820 una sentenza definitiva si esprimerà in favore dello zio. Il 1815 è anche l’anno in cui, probabilmente, Beethoven si esibisce per l’ultima volta come pianista, a causa del peggioramento della sordità.

Nei passaggi in ‘forte’, il povero sordo pestava sui tasti finché le corde non stridevano, e nei ‘piano’ suonava così lievemente che interi gruppi di note venivano omessi, così che la musica diventava incomprensibile, a meno che non si leggesse contemporaneamente lo spartito. Fui profondamente rattristato da questo destino così amaro
Ludwig Spohr, compositore

Nel 1817, Beethoven riceve l’offerta della Philarmonic Society di Londra di scrivere due nuove sinfonie con un onorario di 300 ghinee. Al settembre di quell’anno, risalgono anche alcuni appunti per la Nona Sinfonia. Nel 1818, Beethoven comincia a scrivere i Quaderni di Conversazione, necessari, a causa della sordità, per comunicare con il suo segretario, Anton Schindler, che, purtroppo, alla morte del Maestro, ne distruggerà la gran parte.

Dal 1820 le condizioni di salute di Beethoven peggiorano sempre di più. Alla sordità si aggiungono problemi polmonari, febbri reumatiche e itterizia. Ciononostante, continua, senza soste, la sua attività compositiva: le Sonate per pianoforte, op. 109, 110, 111 risalgono al periodo tra il 1820 e il 1822 e, nel 1823, pubblica le Trentatré Variazioni su un valzer di Diabelli op. 120. Nell’aprile 1824, a San Pietroburgo, viene eseguita per la prima volta la Missa Solemnis op. 123, mentre a maggio è la volta della Nona Sinfonia, a Vienna. La salute del Maestro si aggrava ulteriormente nel 1825, a causa di una seria malattia intestinale. Lavora, comunque, agli ultimi Quartetti per archi, Op.127 e 132. Nel 1826, insorgono anche dei disturbi visivi, ma, ancora una volta, non cessa di scrivere musica.

La morte arriverà il 26 marzo del 1827, verso il termine di una giornata durante la quale Vienna è stata battuta da violenti temporali. Il 29 marzo, si tiene il funerale al quale partecipa una parte enorme dei cittadini viennesi. L’orazione funebre, scritta da Franz Grillparzer, poeta e drammaturgo, è letta da Heinrich Anschütz, uno tra i più celebri attori delle scene di Vienna.

Nel raccoglierci qui presso la tomba di quest’uomo che ci ha lasciati, noi siamo, per così dire i rappresentanti di un’intera nazione, del popolo tedesco riunito, in lutto per la scomparsa di un suo celebratissimo figlio, di quanto era rimasto del declinante splendore della nostra arte nativa, della fioritura spirituale della patria. […] L’ultimo grande Maestro, lo splendido portavoce dell’arte dei suoni colui che ereditò e dilatò la fama immortale di Händel e di Bach, di Mozart e di Haydn, ha concluso la sua esistenza, e noi, piangendo, siamo qui accanto alle corde spezzate dello strumento che ora tace. […] Ma voi, voi che avete fin qui seguito questa cerimonia, dominate la vostra mestizia. […] Allontanatevi da questo luogo dolenti, ma saldi. Prendete con voi un fiore dalla sua tomba – il ricordo di lui e del suo operare. E se voi sarete talvolta sopraffatti come dal temporale che si avvicina dalla potenza delle sue creazioni, allora rievocate questa giornata, rievocate il ricordo di lui, che ha prodotto cose così eccelse e in cui non vi era macchia
Franz Grillparzer


Nel video
Dall’Auditorium “Arturo Toscanini” di Torino, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai diretta da James Conlon esegue Leonore n. 3 in do maggiore op. 72b e la Sinfonia n. 9 in re minore op. 125 per soli, coro e orchestra.
Regia Rossella De Bonis