La rivolta di Budapest

Il racconto di Montanelli

La Seconda Guerra Mondiale è finita da poco più di dieci anni, ma è stata sostituita da quella “fredda” tra il blocco sovietico e quello occidentale. 
Dopo la morte di Stalin, nei paesi comunisti dell’Europa dell’Est, si apre un breve periodo nel quale vengono tollerate manifestazioni antistaliniste.
Per la prima volta può emergere il malcontento e la delusione che serpeggia nei paesi del Patto di Varsavia. Prima a Berlino, poi a Poznan in Polonia, operai e studenti scendono in piazza per protestare contro il regime sovietico. 
Il 23 ottobre del 1956 è la volta di Budapest. Una manifestazione studentesca a sostegno della rivolta di Poznan si trasforma in una protesta contro il dittatore ungherese - e stalinista di stretta osservanza - Mátyás Rákosi. Quello stesso giorno Imre Nagy, viene nominato primo ministro. Nagy è noto per le sue aperture filo occidentali e per la sua intenzione di lasciare il Patto di Varsavia.
Una cosa che i Sovietici non possono accettare.

Nell’ottobre del 1956 Indro Montanelli, ospite di amici a Vienna, viene a sapere dalla radio che Budapest è in rivolta. In macchina con l’addetto stampa dell’ambasciata, attraversa il confine anticipando gli inviati dei giornali italiani

Il suo governo durerà solo 13 giorni. Il 4 novembre i carri armati di Mosca entrano a Budapest e schiacciano nel sangue la libera volontà degli ungheresi. Il 9 novembre i Consigli degli studenti, dei lavoratori e degli intellettuali ungheresi si arrendono definitivamente.
L’occidente rimane inerme davanti al massacro.
Nell’ottobre del 1956 Indro Montanelli, ospite di amici a Vienna, viene a sapere dalla radio che Budapest è in rivolta. In macchina con l’addetto stampa dell’ambasciata, attraversa il confine anticipando gli inviati dei giornali italiani.
Quando entrano in azione i carri armati sovietici, il giornalista scrive delle memorabili corrispondenze raccontando gli atti di eroismo della popolazione civile contro i sovietici. In questa teca che presentiamo è lo stesso Montanelli a ricordare i giorni passati nella capitale ungherese. Acutamente osserva che operai e studenti ungheresi non si rivotano in nome dell’anticomunismo, ma proprio per difendere il comunismo dalla deriva dittatoriale che stava assumendo.