Zeri: Viaggio intorno alla mia casa

Franco Simongini, 1987, II parte

Tratto dalla serie, A tu per tu con l’opera d’arte, Viaggio intorno alla mia casa (1987) è un documentario in due parti (Zeri: Viaggio intorno alla mia casa, I parte) girato da Franco Simongini, anche lui storico dell'arte e scrittore, che qui restituisce un ritratto intrigante ed intenso dello studioso, portando lo spettatore a seguire Zeri dentro i meandri di una professione complessa e unica nella maniera in cui la svolgeva il grande conoscitore. 
La collezione Zeri comprendeva dipinti, sculture e opere dell’antichità come mosaici di Antiochia, ritratti del Fayyum, sculture di Palmyra e marmi romani, destinati dallo studioso stesso, con l'avanzare dell'età, sia agli eredi, sia a importanti istituzioni museali (Musei Vaticani, Accademia di Francia a Roma, Museo Poldi Pezzoli di Milano, Accademia Carrara di Bergamo). 
La collezione di epigrafi, in particolare, contava ben quattrocento pezzi, mentre la fototeca unica al mondo, era costituita da oltre 290mila fotografie di opere d’arte e monumenti, che Zeri donò all'Università di Bologna.  

L'attribuzionismo, ossia la pratica filologica, non costituisce la storia dell'arte. È la prima pietra sulla quale poi viene costruito l'edificio storico artistico. Non è la storia dell'arte, ma è essenziale per essere uno storico dell'arte. Chi non è conoscitore, non sarà mai un vero storico dell'arte, sarà soltanto un dilettante'
Federico Zeri

A villa Mentana, nel corridoio di accesso allo studio dove Zeri trascorreva gran parte del suo tempo, risalta nella parete di fondo un ritratto magnetico dello studioso seduto alla scrivania, eseguito, con tecnica iperrealista, da Luciano Ventrone (Addio a Luciano Ventrone). 
Nello studio, con aria assorta, Zeri armato di una fototeca e una biblioteca impareggiabili, svolgeva il suo lavoro di attribuzione tessendo trame di vita di pittori sconosciuti. Da acuto conoscitore poi, sulla base di una memoria visiva infallibile, Zeri collocava l'opera in una certa area geografica e ne definiva la datazione. Nel filmato, cita i dettagli morelliani, ossia quella pratica fondamentale per la storiografia dell'Ottocento istituita dallo storico dell'arte Giovanni Morelli (1816–1891), per cui i pittori, nell'eseguire mani, nasi, orecchie e dettagli di personaggi, rivelano sempre al conoscitore la mano particolare e un modo personale di procedere. 

Zeri collezionava raramente oggetti italiani, le cose particolari conservate in casa provenivano da viaggi all'estero ed erano installate, piuttosto che esposte, ossia messe una vicina all'altra in dialogo con lo spazio e altri oggetti diversi

Zeri infatti conservava una concezione espositiva di matrice settecentesca, senza muri bianchi e spazi vuoti. Nella sua casa, cariatidi, lesene, colonne, epigrafi, tele, sculture e tanto altro, erano esposti accentuando l'espressione dell'oggetto nello spazio circostante. 
Reperite presso antiquari e mercatini, a villa Zeri spicca una delle più ampie raccolte di epigrafi romane, di notevole valore storico e artistico, assieme a qualche mosaico antico. Queste, presero posto nel giardino di Mentana, montate sui muri di cinta come nel modello dei palazzi rinascimentali. 

Zeri era attratto dalle grande fasi storiche della decadenza, da quei momenti di passaggio intrisi di contaminazioni dove il gusto originario andava incrinando

Infatti conosceva benissimo l'arte tardo antica, il periodo che va dal III al VI secolo dopo Cristo, quando una profonda trasformazione politica, sociale, culturale ed artistica, provocò una rottura definitiva con la tradizione naturalista dell'arte greca aprendo le porte al medioevo. 

Studioso e storico dell’arte eccentrico, avviato dal padre agli studi di scienze naturali, Zeri era uno dei più straordinari conoscitori sia di arte antica, sia di pittura italiana dal XIII al XVI secolo 

Un primo incontro decisivo per Zeri avvenne all’inizio degli anni Quaranta, all’Università di Roma, dove frequentava i corsi di Pietro Toesca, con cui si laureava nel 1945. Sarà proprio Toesca ad introdurre Zeri a Bernard Berenson (1865–1959), grande critico d’arte a cui dedicherà il volume Maestro delle tavole Barberini (Einaudi, Torino 1961). 
Dopo la laurea, Zeri arrivava primo a un concorso pubblico con un tema su Tiziano, vincendo così il posto in soprintendenza come direttore della Galleria Spada (1948). Ma durò poco e se ne andò.
Iniziano così i suoi incontri cruciali con le due più importanti figure di riferimento per l'arte in Italia, gli storici dell'arte e conoscitori Roberto Longhi e Berenson, entrambi residenti a Firenze. 

In questi anni, i primi viaggi a Parigi e Londra, tra il 1947 e il 1948, mettono Zeri in contatto con personalità di spicco della connoisseurship internazionale, Philip Pouncey, Denis Mahon, John Pope-Hennessy, Frederick Antal di cui, per i suoi studi su arte e società, Zeri si dichiarerà in seguito debitore

Fondamentale un fatto che lo spinge nel mondo anglosassone, come nessuno degli italiani all'epoca: la nomina di advaisor per Daniel Wildenstein, importante antiquario e collezionista francese. 
Il talento di conoscitore, unito a un'intensa vita di relazioni, lo metteva in contatto con altri grandi collezionisti e antiquari, fra i quali Vittorio Cini, Paul Getty, Alessandro Contini Bonacossi, Luigi Magnani, intenti nel dopoguerra a catalogare le loro collezioni. 
Negli anni Sessanta del Novecento, Zeri svolge un ruolo di primo piano nella costituzione del Paul Getty Museum di Malibù. Zeri, buon amico e consigliere di Jean Paul Getty (1892-1976), fu membro del board of trustees del museo, fino a quasi metà degli anni Ottanta, quando fu deciso l'acquisto di un kouros greco, a cui lo storico italiano si oppose duramente ritenendo la statuetta un falso.