Zigaina: il "mito" in Pasolini
Un'intervista del 2001
All’uscita di “Medea” (1969), Pier Paolo Pasolini rilasciò questa dichiarazione sulla centralità di Freud nella sua opera, qui ripresa dall’amico Giuseppe Zigaina (1924-2015) in apertura di intervista.Il mito e la mitologia non mi interessano. Edipo Re non è basato su Sofocle o sulla mitologia greca, ma sulla psicoanalisi di Freud”
Pier Paolo Pasolini, 1969
Il rapporto di Pasolini con il mito è complesso e in parte contraddittorio. In alcuni suoi film il regista si misura con la tragedia classica o con testi antichissimi come i “Vangeli” per esprimere altro. Principalmente, il mito diventa uno strumento per evocare la distanza tra un universo arcaico e la cultura contemporanea, un modo per dire che il mondo primitivo e originario è minacciato dallo sviluppo del progresso e della modernità.
Ma c’è di più. Zigaina ricorda un’ampia intervista concessa da Pasolini al critico francese Jean Duflot dove, alla domanda sul mito onnipresente nella sua opera che secondo il critico lo allontanava dalla realtà e dall’impegno civile, Pasolini rispondeva come Cristo davanti a Pilato:
Se in “Edipo Re” (1967), il mito viene usato da Pasolini come autobiografia visionaria e onirica del suo destino, per Zigaina è ancor prima l’opera poetica e letteraria ad esser disseminata di tracce intime e personali sull’efficacia di questo strumento (Zigaina: la morte rituale di Pasolini).Tutto ciò che è mitico è realistico e tutto ciò che è realistico è mitico”
Pier Paolo Pasolini
Infatti, Zigaina dedicò alla morte di Pasolini ben otto libri per sostenere la tesi che, dal 1958, anno di uscita del romanzo “Una vita violenta”, l’allora scrittore aveva iniziato a concepire la sua opera come la "messa in scena" autobiografica della sua vita e dunque, della sua morte.
“Con un’ironia che si espande fino al sarcasmo e alla sfottitura più tremenda”, Pasolini voleva incarnare il mito nel proprio corpo ed esprimere la sua vita reale fatta di sangue e carne, fino a “fare della sua morte il montaggio del film della sua vita”, afferma Zigaina.Per l’amico friulano, Pasolini ha organizzato la sua morte con un linguaggio destinato a incrementare di senso la totalità della sua opera
Ne “Il Vangelo secondo Matteo” (1964), Pasolini fa piangere una Maria interpretata dalla madre Susanna Colussi, chiedendole di immaginare sulla croce non Gesù, ma lui stesso.
Zigaina chiarisce così la modernità di Pasolini che, con la sua morte in forma rituale si oppone alla meschinità della società borghese che lo aveva sempre criticato. L’artista sottolinea che questa “forza del passato” calata in una civiltà completamente desacralizzata, con la sua opera scaturita dal suo vissuto è stata capace di incarnare la figura di un mistico dell’epoca antica risultando così, “più moderno di ogni moderno”.Il percorso di Pasolini è un percorso cristologico”
Giuseppe Zigaina, 2001
La teoria di Giuseppe Zigaina intorno alla morte di Pier Paolo Pasolini è stata esposta in saggi, conferenze, interviste e otto libri dell’artista tradotti in più lingue: “Pasolini e la morte. Mito, alchimia e semantica del “nulla lucente” (Marsilio, Venezia 1987); “Pasolini tra enigma e profezia” (Marsilio, Venezia 1989); “Pasolini e l’abiura” (Marsilio, Venezia 1994); “Hostia. Trilogia della morte di Pier Paolo Pasolini” (Marsilio, Venezia 1995); “Pasolini. Un’idea di stile: uno stilo (!)” (Marsilio, Venezia 1999); “Temi e treni di Pier Paolo Pasolini. Un giallo puramente intellettuale” (Edizioni La Scaletta, San Polo d’Enza 2000); “Pasolini e il suo Nuovo Teatro ‘senza anteprime né prime né repliche” (Marsilio, Venezia 2004); “Pasolini e la morte. Un giallo puramente intellettuale” (Marsilio, Venezia 2005).