I mestieri del cinema

Gli sceneggiatori

Gli sceneggiatori sono l’ossatura invisibile della cinematografia. Persone note soprattutto agli addetti ai lavori ma fondamentali nella creazione di un’opera cinematografica. Partendo dal soggetto, cioè dall’idea, dal nucleo narrativo, che può essere un concetto, un libro, un racconto, un testo teatrale, lo sceneggiatore sviluppa scrivendo, letteralmente, quello che accade e quello che si dice. Infatti nella sceneggiatura la pagina di sinistra è quella in cui viene scritto ciò che accade, quella di destra, ciò che viene detto. In Italia sono più comuni i soggetti originali, negli Usa spesso soggetto e sceneggiatura vengono ricavati da un testo già noto. Tutto nasce da un' idea e dall’esigenza artistica di rappresentarla. Tematiche come l’amore, la solitudine, l’abbandono, il riscatto, sono idee che diventano prima soggetto e poi sceneggiatura. Gli sceneggiatori italiani, con la loro fantasia, con la cultura e la sensibilità, hanno contribuito al successo del lungo periodo d’oro della cinematografia italiana. Dal neorealismo in poi, un manipolo di persone ha formato un gruppo di lavoro straordinario. Registi co-sceneggiatori, scrittori prestati al cinema, intellettuali, giornalisti, poeti e sceneggiatori puri, talvolta gli stessi attori in stato di grazia creativo, hanno lavorato sulle idee facendole diventare cinema. Grande cinema. Si racconta che Anna Magnani improvvisasse spesso e felicemente sul set, contribuendo in parte, alla scrittura del film. La sceneggiatura può essere granitica, intoccabile e questo accade tuttora negli studios americani oppure fluida, permeabile, come in Italia, dove sono sempre benvenute le idee e le ispirazioni dell'ultima ora. Nel finale di Bellissima di Luchino Visconti, la Magnani era seduta su una panchina con la bambina accanto. Il film doveva finire così ma l'attrice gridò "Aiuto, aiuto" con un'intensità tale da convincere Visconti a lasciare che il film finisse con quell'urlo disperato. Un caso noto nell'ambiente cinematografico è quello di Marlon Brando nel discusso Ultimo tango a Parigi. Film controverso per le note ragioni, portò alla rottura protagonista e regista. Brando infatti, in uno dei monologhi, doveva raccontare il personaggio, il vedovo Paul, a Maria Shneider. Ma Bertolucci aveva creato la giusta atmosfera. E Brando, notoriamente tormentato ed introverso, si rilassò e improvvisò un monologo magistrale, totalmente autobiografico. Le umili origini, padre e madre alcolisti, la madre spesso agli arresti perchè trovata nuda per la strada, il lavoro duro in campagna. Brando ricordava un anziano vicino di casa che puzzava “di fatica”. Bambino, scommetteva sempre su quando sarebbe caduta la saliva del vecchio dalla pipa. “Non l’ho mai imbroccata”. O di quella volta che aveva un appuntamento con una ragazza e suo padre lo aveva costretto a mungere la vacca anche quella sera, facendogli fare tardi e

Quando uscii, non avevo neanche avuto il tempo di cambiarmi. Le scarpe erano tutte sporche di merda di vacca. Quando arrivai dalla ragazza, anche l’auto puzzava tutta di merda anche lei. Proprio non mi viene di ricordare bei momenti
Marlon Brando

E concludeva dicendo “cosa credi che erano cose vere? E’ possibile”. Il risentimento di Brando per Bertolucci a causa di quella scena, durò fino al 1994. Si rividero un’ultima volta a casa di Brando e fecero pace.  Vero, falso, scritto, inventato al momento, d'impulso, il cinema è materia viva e la sceneggiatura ne è una delle massime espressioni.

Ricordati, bisogna sempre lasciare una porta aperta sul set perché non si sa mai che cosa ci può entrare
Jean Renoir

Nel filmato inedito proposto, si parla di sceneggiature e sceneggiatori. Un argomento dibattuto nel mondo del cinema italiano e non solo. Il regista Gillo Pontecorvo sottolinea la differenza tra Usa e Urss (all’epoca) che rispettano quasi pedissequamente la sceneggiatura (script) e l’Italia dove sia il regista che gli attori (specialmente se di nome) possono fare correzioni anche importanti e spesso improvvisate. La maggioranza sembra d’accordo nel sostenere che anche la sceneggiatura, che pure parrebbe un lavoro creativo, è lavoro e basta nel 98% dei casi ed arte nel restante 2%. Il grande regista danese Carl Theodore Dreyer, visibile nel filmato, dichiara che l’ideale sarebbe che fosse lo stesso regista del film a scrivere la sceneggiatura. Solo in questo caso diventerebbe un “artista creatore”. Diversamente il regista sarebbe solo un illustratore delle opinioni altrui.