Filippo La Porta. Il Dante etico 

Il bene come realtà della relazione con gli altri

Filippo La Porta parla dei due saggi che ha scritto su Dante Alighieri, Il bene e gli altri. Dante e un’etica per il nuovo millennio, pubblicato nel 2018 da Bompiani e Come un raggio nell'acqua. Dante e la relazione con l'altro, pubblicato nel 2021 dall’editore Salerno. 
La Porta non si definisce un dantista, ma dice di trattare Dante come un filosofo in versi, anche perché nella nostra tradizione ragionare è sinonimo di poetare e di essere interessato al Dante etico più che al Dante teologo e politico. 

Anche se è un uomo del Medioevo, Dante ci assomiglia

Il primo saggio parte da una citazione di Simon Weil, che dice che il bene è dare realtà agli altri mentre il male e togliere agli altri realtà. Il bene pertanto è fare esistere il mondo come è e il primo atto dell’etica si potrebbe riassumere nella frase: è meglio l’essere del nulla. 

Per Dante, i peccati capitali nascono tutti da un eccesso di immaginazione, il superbo per esempio immagina di essere superiore a tutti, ma nega la realtà che è l’uguaglianza delle creature, l’avaro immagina che si possano possedere gli affetti, ugualmente negando la realtà. 

Il diavolo ama il fantasticare, mentre il bene ci invita a riconoscere la realtà, che è relazione con gli altri e pluralità 

Nel saggio Come un raggio nell'acqua. Dante e la relazione con l'altro, La Porta usa l’immagine di Dante del raggio di luce che entra nell’acqua senza scompaginarla come paradigma ideale di una relazione con l’altro, che va vissuta in tutta la sua pienezza, con una incidenza reciproca che non scompagina mai l’altro.

Da qui affiora un’idea della conoscenza che non è possesso dell’altro o come oltrepassamento del limite, ma è passività attenta, la verità non va conquistata ma va aspettata: io aspetto che la verità dell’altro mi tocchi. 

La verità ultima della Commedia è un appello rivolto al lettore alla conversione della mente e del cuore per riconoscere le cose come sono, per una trasformazione che produca un’esperienza dell’eterno: noi siamo vermi nati per diventare angeliche farfalle. Nella Commedia si parla di Dio ma in primo piano c’è la natura divina dell’uomo, destinato a trasumanare, come dice Dante, inventando questa parola. 



Filippo La Porta, critico e saggista. Scrive regolarmente su “Repubblica”, “Il riformista” e sul settimanale “Left”. Insegna alla Scuola Holden e in altre scuole di scrittura. Abilitato all’insegnamento universitario di letteratura italiana moderna e contemporanea come professore associato. Tra le sue ultime pubblicazioni La impossibile cura della vita. Tre medici-scrittori: Cechov, Céline, Carlo Levi”, (Castelvecchi 2021), “Come un raggio nell’acqua. Dante e la relazione con l’altro”, (Edizioni Salerno 2021).