Piranesi torna alla luce

Il restauro della Chiesa del Priorato

Un breve servizio di Daniela Bruni (TGR Lazio, 2020), sulla Chiesa di Santa Maria in Aventino, detta anche del Chiesa del Priorato, che un meticoloso restauro di due anni (Il restauro di Santa Maria in Aventino), ha riportato la facciata e l'interno alla luce originaria del gesso piranesiano. 
La ristrutturazione del Complesso cinquecentesco di Villa Magistrale e della Chiesa, sede storica dell'Ordine dei Cavalieri di Malta (La storia secolare del Sovrano Ordine dei Cavalieri di Malta), iniziò il 2 novembre del 1764. Autore, Giambattista Piranesi (1720-1778) che all'apice della carriera, qui coglie l'unica occasione per mettere in pratica le doti e gli effettivi titoli di "architetto veneto". In due anni, l'abile disegnatore, scenografo e incisore di Vedute romane cambiava volto al Complesso e alla Chiesa del Priorato, conferendo un aspetto più moderno e funzionale. Gli interventi più importanti furono la chiesa e la piazza antistante al Complesso. 



La storica dell'arte per l'Ordine di Malta, Valérie Guillot, qui intervistata, ricorda come l'idea dell'originale Piazza dei Cavalieri di Malta, prendeva vita nella mente dell'artista da alcuni scavi che, nel 1764, avevano portato alla luce un sentiero sacro ustao dagli antichi romani per la cerimonia dell’Armilustrium, festività della purificazione delle armi celebrata alla fine delle campagne militari nell’attuale piazza in onore di Marte, dio della guerra, ogni 19 ottobre. Da qui, Piranesi allestisce uno "spazio sacro", una proliferazione di anfore egizie, vasi romani, obelischi, stele rivestite di rilievi, stemmi, emblemi, armature, scudi e armi, un'ampia iconologia che celebrava le glorie dell'Ordine di Malta e i meriti dei Rezzonico. In tal modo, Piranesi creava un intreccio simbolico e allusivo della rinascita dell'Aventino, il colle più misterioso di Roma, il cui nome rimanda alle leggende sulle origini dell'Urbe.



Piranesi concepì la chiesa come un sacello funerario per i Gran Priori e Maestri dell'Ordine di Malta. Il rivestimento decorativo di stucchi bianchi progettati dall'artista, costituisce una rete di rimandi simbolici per evocare il climax della camera funeraria. Piranesi manipola abilmente iconografie diverse tratte del mondo egizio, etrusco e romano, assembrando il tutto con stemmi e figure a tratti misteriose ed esoteriche. Serpenti, sfingi, teschi, mezze lune, torri, torce a testa in giù, iscrizioni e tanto altro, sono raffigurazioni poco comuni in una chiesa tradizionale che, se da un lato rimandano alla meditazione metafisica sulla durata delle cose lentamente usurate del tempo, dall'altro suggeriscono possibili legami dell'artista con la massoneria illuminista (Piranesi, l'Egitto e il Circolo dell'Archetto romano). 



Il sarcofago mortuario, è visibile sia all'esterno sopra la porta d’ingresso della chiesa, sia come pietra d’altare sulla quale si erge la Trasfigurazione di San Basilio. Nella navata destra, trova spazio una statua a figura intera, è il Monumento sepolcrale di Piranesi (1780), realizzato da Giuseppe Angelini (1735/42-1811), che mostra l'artista assorto, in toga romana, appoggiato a un'erma con gli strumenti da incisore e in mano, la testimonianza dell'ultimo viaggio studio a Paestum (1777). Nella stessa navata, un altare reliquiario del IX secolo scoperto da Piranesi sotto l’altar maggiore durante la ristrutturazione, affianca le altre tombe marmoree dei Cavalieri collocate nelle nicchie.