Il Compianto sul Cristo morto

Otto anni di restauro per il capolavoro del Maestro di Sant'Anastasia

Il Compianto di Caprino Veronese  è un'opera seminale della storia dell'arte europea, una scultura di transizione in cui l'emozione irrompe discreta all'interno di un gruppo di figure costruito secondo i più puri canoni classici. La compostezza di Giuseppe d'Arimatea, la consapevolezza di Nicodemo, lo struggimento delle Pie donne, l'abbandono di Giovanni, fino alla disperazione della Maddalena: in questo capolavoro  i sentimenti fluiscono da un personaggio all'altro attraverso un gioco di sguardi, mani ed espressioni che coinvolgono profondamente chi l'osserva.
Ammirarlo è un'esperienza che avvicina a Dio.
Costantino D'Orazio, storico dell'arte

Il Compianto sul Cristo morto di Caprino Veronese è uno dei più importanti esempi di scultura d’epoca scaligera. Il gruppo è costituito da sette figure a grandezza naturale in calcare organogeno, originariamente policrome e oggi mutile di alcune parti. Al centro spicca l’impressionante corpo di Cristo, steso sul sudario e composto in un sarcofago, intorno al quale sono disposti, su tre lati, sei dolenti: Giuseppe d’Arimatea, che con le mani sostiene delicatamente la testa del Cristo; una figura femminile, identificata con la Madonna; San Giovanni Evangelista; due Pie donne; Nicodemo, nell’atto di tenere i piedi del Salvatore.
 
Il complesso di statue, dai caratteri di forte pathos e accentuazioni di tipo espressionistico capaci di suscitare un intenso coinvolgimento emotivo, è attribuito al Maestro di Sant'Anastasia, nome convenzionale adottato dalla letteratura artistica per indicare l’autore dei rilievi del portale dell’omonima basilica domenicana di Verona e di un gruppo di lavori stilisticamente affini, datati alla prima metà del Trecento. 

Alcuni misteri avvolgono questa sacra rappresentazione scolpita in pietra, che presenta figure fortemente menomate negli arti inferiori, forse per consentire l'inserimento in una nicchia stretta e bassa del Santo Sepolcro del cimitero di Caprino Veronese, in Veneto, dove è documentata, per la prima volta, all'inzio del secolo scorso. Nel 1980 il Compianto fu trasferito, per motivi di sicurezza, nel locale Museo Civico di Villa Carlotti. Dal 1981 al 1985 fu sottoposto a un delicato restauro, al quale altri ne sono seguiti fino al 2000. Gli interventi pregressi, le non idonee condizioni espositive e gli stress dinamici provocati dal sisma del 2012 hanno aggravato nel corso degli anni la situazione conservativa delle sculture, rendendo necessario un nuovo restauro che, su proposta della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza, il Comune di Caprino Veronese ha affidato all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, dove è stato trasferito nel 2013 e sottoposto a un’approfondita campagna diagnostica per lo studio del materiale costitutivo, delle tecniche artistiche e degli interventi pregressi.


Compianto sul Cristo Morto © Stefano Girardi

Il complesso intervento di restauro che è seguito ha previsto la rimozione dei sali solubili all'interno del materiale costitutivo, causa pricipale del suo degrado, il consolidamento delle tracce di policromia e del materiale lapideo, la pulitura delle superfici, l'adesione di frammenti staccati e la chiusura delle fessurazioni.  
Durante il lavoro è stato predisposto il rilievo 3D delle parti inferiori delle sculture e della testa di Nicodemo, che è poi servito per recuperare le basi di appoggio perse, resecate nel tempo, e per studiare una soluzione adatta alla ricostruzione di parte della nuca del Santo. La ricostruzione della testa di Nicodemo si è resa necessaria dopo la rimozione della grossa staffa in ferro, materiale non idoneo per la conservazione delle opere litoidi, che univa il frammento del volto al corpo. La ricostruzione della testa e le nuove basi, perfettamente giustapposte al materiale lapideo, sono state realizzate tramite fresatura a controllo numerico in materiale sintetico e infine stuccate a tono. 
Il servizio di Climatologia e Conservazione Preventiva dell’Opificio ha studiato i materiali più idonei per questo intervento, dovendo l’opera essere conservata in ambiente condizionato con alti parametri di umidità relativa. Per tale motivo, durante il restauro, le sculture sono state collocate in un ambiente confinato e condizionato all’interno del laboratorio e monitorate per circa due anni. Inoltre il servizio di Climatologia ha studiato i parametri ambientali nella nuova sede espositiva, determinanti per la conservazione del Compianto sul Cristo morto.