Il 29 novembre 1924, moriva Giacomo Puccini, lasciando un vuoto incommensurabile nella storia del teatro d’opera. In occasione del centenario della scomparsa del grande compositore toscano, il portale di Rai Cultura propone lo Speciale Puccini 100, che presenta materiale d’archivio di Teche Rai e contributi originali: la vita, le opere, la fortuna, la modernità e le eroine dei melodrammi di un artista che, forse più di ogni altro nel suo genere, è entrato a pieno diritto nell’immaginario popolare nazionale e internazionale.
L’avvento di Giacomo Puccini segnò un importante momento limite: la musica italiana proveniva dall’assoluta preminenza verdiana e ben poco faceva presagire un cambiamento di direzione.
Erede di tradizioni musicali familiari e forte di studi di conservatorio, Puccini aveva dato inizio alla propria carriera teatrale con due opere di scarsa risonanza: Le Villi e Edgar, frutto anche della poetica del librettista scapigliato Ferdinando Fontana. Fu Giulio Ricordi a intravedere in lui, nonostante i due insuccessi, le potenzialità di un compositore che avrebbe potuto e saputo invertire la propria rotta e quella del teatro musicale.
Con la prima rappresentazione di Manon Lescaut (1 febbraio 1893 al Teatro Regio di Torino), che costituì un segnale di svolta nell'opera italiana, fu consacrato l’ingresso ufficiale di Puccini in quel mondo. Poi, La Bohème, Tosca e Madama Butterfly ne affermarono in modo definitivo anche il protagonismo sullo scenario internazionale.
La prova successiva fu la Fanciulla del West, reputata un’opera di frontiera, e, a seguire, La rondine, con cui iniziava per Puccini una fase “evolutiva”, sfociata nel Trittico (Il tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi) e in Turandot. Quella Turandot, che, seppur incompiuta per la morte del suo autore, avrebbe segnato la fine dell’opera in musica nel senso convenzionale del termine.